RIFLESSI DEL CAPITALE

 

Bibliografia anticapitalista minima

Tutto è iniziato con delle riflessioni datate 2021, che mi hanno condotto a pensare alla banale possibilità di un Capitalismo simbolico, ossia un capitalismo non violento e responsabile. 

Un capitalismo che trasforma la tendenza  all'accumulazione, naturale e probabilmente inestirpabile (almeno in Occidente), in una ricerca inesauribile di accogliere quanti più simboli possibili, anziché beni materiali quasi sempre superflui, per custodire ed arricchire il senso dell'umano, indietreggiando poeticamente dai mostruosi danni inferti al nostro povero pianeta.

Non c'era in quelle frasi di allora alcun riferimento ad un'urgente indagine socio economica e non avevo ancora veramente voglia di provare a pensare come realmente praticabile un'alternativa radicale al capitalismo. Ed ancora oggi non so se effettivamente questo passaggio sia possibile, ma le contraddizioni profonde del capitalismo dovrebbero ormai essere note a tutti e che i correttivi possano essere ritrovati solamente al suo interno è un presupposto dogmatico che bisognerebbe far vacillare una buona volta.

Bisogna avere coraggio di cambiare-discorso, producendo un discorso anticapitalista che si opponga alla strumentalità, ripensi diversamente la comunità, si riappropri di una sobrietà esistenziale perduta, elogi la complessità contro la dittatura della semplificazione portata avanti dal Capitale e si ammanti di meraviglia, non soccombendo al disincanto che spoglia di vitalità la maggior parte degli abitanti della società tardo capitalista.

Un nuovo discorso è necessario per sperare di sopravvivere all'estinzione annunciata. Anche se qualcuna/o osa ancora negarle, le responsabilità del Capitale nel disastro ecosistemico vissuto sono infatti abbastanza evidenti e riconoscibili, come ho cercato di ricordare in capitalismo-insostenibile.html.

Lo smantellamento progressivo di ogni tutela del lavoratore e la scomparsa della classe lavoratrice dall'interesse del discorso politico è un altro fondamentale riflesso del Capitale su cui ho tentato di dire alcune piccole banalità in questi due post:

 melanconia-di-classe e diseguaglianza-capitalista . 

 In modo spero meno banale, ho cercato di riflettere su come il Capitale abbia modificato il nostro rapporto con il tempo e con lo spazio:

tempo-e-capitale

spazio-e-capitale1

spazio-e-capitale2

spazio-e-capitale3

La fretta e l'ingordigia connotano la corsa individualistica che riguarda quasi tutti i cittadini della società tardo capitalista, ma  in alcuni casi specifici diventa paradigma assoluto dell'Individualismo senza freni, vedi individuo-e-capitale.

E poi ci sono un post in cui parlo dell'intimità perduta : privato-capitalizzato ; 

uno in cui rifletto sulle modifiche della nostra attenzione, piegata alle leggi del consumo e sempre più precaria e vacua perché il troppo stroppia: capitalizzare-l-attenzione

uno in cui parlo del conformismo e della ricerca della verità ai tempi del capitale : conforme a chi-conforme a cosa

ed uno- corpo-capitalista - , già citato nella pagina sull'emancipazione femminile, ma che credo trovi qui la sua più legittima collocazione perché se- come diceva l'attivista sudafricano Stephen Biko- "l'arma più potente nelle mani dell'oppressore è la mente dell'oppresso", è comunque proprio il corpo lo spazio in cui il Capitale ha trovato il suo prediletto laboratorio di continua riformulazione per aderire al meglio alla nostra pelle e non riuscirci a far credere possibili altri orizzonti.

Ho aggiunto poi un post sulla  lingua capitalista, ma più che analizzare il rapporto del dire con il capitale, ho descritto brevemente lo spaesamento femminile per la mancanza di un linguaggio che corrisponda al modo di stare al mondo delle donne. 

Questa negazione precede il capitalismo stesso, ma sicuramente l'età tardo capitalista non aiuta a far sorgere una lingua materna -che credo potrebbe diventare la lingua che salva, cura e guarisce-, preferendo insistere nell'utilizzo e diffusione di un arido linguaggio tecnicistico e burocratico, di cifre e divieti che non arrivano nella carne delle persone e deformano, a mio modesto parere, l'umanità intera.

Negli ultimi tempi, ho inserito invece un post sul rapporto tra i sensi e il capitale , uno sulla nascita già "corrosa" dalla logica capitalista (venduta-al-mondo ) ed uno che, ad un mese esatto dall'inizio del conflitto israelo-palestinese, si sofferma brevemente sul rapporto tra capitalismo-e-barbarie .

C'è anche un post che divaga sul senso della gioia, che, seguendo Spinoza ma anche soltanto mettendosi in viaggio, può essere davvero rivoluzionaria e disinnescare le trappole create dal singolo e dalla specie: gioia in cammino.

Ho inserito nel post  Gloria manchi tu nell'aria alcune banali riflessioni su come anche l"antica gloria" sia oggi corrosa dal Capitale e al suo posto sia subentrata una forma di interesse per il riconoscimento diluita e poco rivolta alla posterità, che si chiama popolarità.

Infine, ho condiviso un articolo del 2011 della filosofa Martha Nussbaum per fare brevi cenni sul tema istruzione e capitale ed ho inserito un post che discute brevemente alcune intuizioni importanti del filosofo Byung Chul Han sulla penuria dell'essere cui corrisponde la nostra attuale società capitalista: Produrre senza misura .

Buona lettura! 

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