SALUTE e CAPITALE




 "La civiltà debilita il corpo umano...di modo che quanto l'uomo s'avanza verso la perfezione, tanto il suo fisico cresce nell'imperfezione"

Giacomo Leopardi, Zibaldone, 1823



Due secoli fa, il buon Giacomino sottolineava la connessione tra progresso della civiltà e infiacchimento del corpo. 

Malgrado il suo pessimismo cosmico, non avrebbe potuto prevedere che i più grandi danni il sedicente progresso li avrebbe compiuti soprattutto sul piano della salute mentale.

Che la nostra società tardo capitalista sia profondamente individualista e refrattaria alla condivisione comunitaria è quasi persino banale ricordarlo.

A furia di guardare soltanto il proprio microcosmo ci si ammala  di solitudine, certamente. Ed i segnali di "malattia mentale" giovanile possono, dunque, leggersi in relazione a questa rarefazione dei rapporti umani, piuttosto facilmente.

"Ci si ammala quando non ci è possibile comunicare, o quando il nostro bisogno di comunicare è tale che i contenuti superano le nostra difese trovando la loro espressione nella malattia o mal funzionamento del corpo.", diceva il filosofo Hans Georg Gadamer in Dove si nasconde la salute, la cui copertina ho inserito in apertura.

Sul perché ci si ammali si possono dire miliardi di cose, ma non ho competenze nemmeno minime per addentrarmi in un argomento simile. Mi limito a dire che certamente è difficile trovare dei "sani" nella nostra società occidentale, nevrotica e poco calorosa...
Così, come cantava Gaber, credo che ci tocchi quasi sempre "far finta di essere sani", ironizzando su tutte le nostre deformazioni occidentali, almeno finché si può ironizzare.

Tuttavia, oltre la ferita dolorosa dell'incomunicabilità, già conosciuta dalla mia generazione, penso di potere affermare non dico senza tema di smentita, ma con una discreta sicurezza, che i gggiovani di oggi ne patiscano un'altra, non meno traumatica:

 la tirannia del numero.

In qualunque ambito della loro giovane esistenza, le ragazze ed i ragazzi del nostro bel mondo occidentale sperimentano una pressione che era sostanzialmente sconosciuta ai nostri tempi. 



Il tempo accelerato di produzione si è imposto come il solo orizzonte temporale entro cui realizzare non solamente la propria sfera lavorativa, il che porta già da decenni a quell' alienazione di marxiana memoria, sintetizzabile grossolanamente nella percezione di essere unicamente pezzi sostituibili  di un ingranaggio, che rimane indifferente a qualunque tua, remota o esplicita, qualità.

Esso è diventato anche l'unico metro entro cui coltivare la stessa formazione di se stessi, perché, quando anche la scuola pubblica diventa un'azienda che richiede performance continue, allora i voti, i numeretti e le cifre sembrano essere la sola fonte tanto di momentanea soddisfazione per un'allieva che si affanna a studiare in maniera dignitosa, quanto di pungente frustrazione per chi, malgrado gli sforzi, non ottiene i risultati sperati.

Del processo di formazione non gliene frega più niente a nessuno. 

Occorre raggiungere punti stabili e ben riconoscibili, attraverso i quali sarà possibile farsi rispettare o stigmatizzare da una società affamata di cifre, da convertire frettolosamente in denaro.

Ma la tirannia del numero, orchestrata dal Capitale, invade senza sconti anche il tempo libero di questa nostra contemporaneità, rendendoci schiavi di una logica che si è resa sempre più chiara nell'ultimo decennio, ma è asservita ai canoni legati alla quantità per lo meno dagli anni Ottanta.

E così quanti likes ricevi, quante visualizzazioni ottieni, quanti followers ti seguono, quanto prendi a scuola sono i criteri che ogni giovane occidentale si trova a introiettare come naturali, fino a che, però, percependosi -a torto, ma ancora non può saperlo - "inadeguata/o", magari esplode o cade in feroce depressione, scoprendo, oltre la falsità colossale su cui riposa il sistema di valori della sua società, tutta la sua umana, troppo umana fragilità.

Questa rapida, banale analisi per oggi si conclude con la condivisione di un video che da tempo avrei voluto commentare qui sul blog, ma penso che, più di ogni possibile discussione, sia efficace ascoltarlo (vi ho  inserito di seguito una parte del testo pronunciato).

Grazie mille a Mark Fisher e a tutte le amiche e gli amici fragili che sempre tentano di mostrarci i labirinti, gli smarrimenti, le ossessioni, le paure stritolanti e tutto ciò che la nostra rigida lucidità raramente riesce a vedere.


DISCORSO DI MARK FISHER:

Molto di quello che chiamerei lavoro nel mio campo, molte delle cose che non mi piacciono fare è semplice simulazione di produttività. Simulazione burocratica creata da quel tipo di managerialisti il cui lavoro, sapete, è essere parassita delle istituzioni. 

Un vero parassita (...) sapete i veri parassiti sono i superstipendiati che propagano tutto questo per tenerci in uno stato di ansia panica e individualismo radicalmente competitivo, in modo che non possiamo agire insieme e ottenere un accordo collettivo e quindi sai, la grande bugia che ci è stata venduta dal neoliberismo è che se ritiriamo la sicurezza delle persone, togliamo la sicurezza sociale, improvvisamente questa fontana di creatività emergerà, okay, ma tutto ciò che succede se tu rimuovi la sicurezza delle persone è che diventano come me quando ero un lavoratore autonomo. 

Tutta quella energia creativa va in “come posso fare i soldi”, che è l’energia di questa società. è una cosa molto stupida per le persone da pensare tutto il tempo. Per esempio, guarda tutte queste persone fantastiche che dovremmo ammirare. Non è solo che non si sono inventati niente Steve Jobs anche Bonin sono parassiti, anche Simon Cowell non ha fatto nulla, è un parassita. 

Che cosa sono brave a fare queste persone? Sono solo brave a fare soldi e dovrebbe essere abbastanza come ricompensa, se vuoi, avere successo se vuoi dedicare a questo la tua vita, devi solo fottutamente farlo, ma non aspettarti anche che ti ammiriamo e che tu sia il modello per tutti gli altri- 

Sempre non dovremmo preoccuparci di fare soldi ogni ora della nostra veglia. 

Questo è il tipo di realtà deprimente che è stato artificialmente imposto su di noi, voglio dire se possiamo rompere questa privatizzazione dello stress normalizzato, tipo ragazzi molto giovani depressi che non ce ne frega un cazzo questa è l’idea che persone giovani sono depresse come parte della vita, non era parte della vita, l’aumento della depressione tra i giovani è scioccante e sai che questo dovrebbe essere il più grande indicatore possibile sulla condanna del mondo in cui viviamo adesso…

NON ERA NORMALE PER I GIOVANI ESSERE DEPRESSI NEGLI ANNI '70!

 Dobbiamo cominciare da queste eroiche condizioni in cui i giovani vivono che sono condizioni terribili, sono condizioni veramente terribili, non riesco a esprimerlo.

 Siete stati privati di tante cose e le cose di cui siete stati privati vi vengono vendute come un beneficio, è un nuovo fantastico mondo in cui hai tutte queste cose e hai tutta la capacità di fare, penso che non sia così per nulla.






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