CORPO CAPITALISTA. Paura di invecchiare e altri disagi nel mondo moribondo.

Antonio Garullo e Mario Ottocento, Il sogno degli italiani, opera esposta a Roma nel maggio 2012


"Il corpo è la nostra angoscia messa a nudo", 
Jean- Luc Nancy


E adesso, dopo post che, sebbene corrispondano all'intento del blog di accumulare racconti di esperienze, rischiano di sviare il lettore dall'obiettivo principale della sottoscritta, ossia provare a pensare se esista una via alternativa al capitalismo, riflettendo sui vari argomenti in cui è implicato, provo a mettere insieme alcune minime riflessioni sul rapporto tra CORPO e CAPITALE.


Creare un rapporto armonico con il corpo è un percorso che dura tutta la vita e a volte non riesce.

 A quarant'anni, per dire, continuo ad odiare gli stessi "punti critici" che detestavo a quindici e tutta la storia di amare i difetti e considerarli unici ha avuto poco effetto su di me, ad eccezione del non farmi incaponire mai nel tentativo - probabilmente valido, se costante- di contrastare con slancio la loro deriva. 
La pigrizia e la povertà hanno avuto sempre la meglio e continuo a non essere sportiva e a non frequentare centri estetici. Pertanto conosco benissimo gli elevati stati di ansia e le tensioni spropositate che gravitano intorno al proprio aspetto e che ci fanno sentire stupide/i e in trappola, ostaggio di paturnie superficiali di cui ci vergogniamo.


Il corpo nell'era tardo capitalista, del resto, si lascia abbindolare da slogan del tipo "ottieni il corpo PERFETTO in 2 settimane" che fa leva su un'insicurezza diffusa, direi collettiva, e cavalca l'onda del successo commerciale spaventoso che negli ultimi decenni ha avuto la cosmesi.
E che si tratti di un inganno atroce, dalle ripercussioni profondissime sulla libertà soprattutto femminile, lo avvertiva magistralmente già nel 1990 Naomi Wolf ne "Il mito della bellezza":


Le donne libere e liberate del primo mondo, che possono godere di libertà di cui nessuna avrebbe mai potuto beneficiare in passato, non si sentono libere come vorrebbero e non possono più relegare nel subconscio la sensazione che questa mancanza di libertà ha qualcosa a che vedere con problemi frivoli, cose che non dovrebbero avere nessuna importanza. 

Molte si vergognano di dover ammettere che queste futilità che riguardano l’aspetto fisico, il corpo, il viso, i capelli, i vestiti abbiano un peso così grande, ma nonostante la vergogna, il senso di colpa e il rifiuto, cresce sempre più il numero delle donne che si chiedono se non siano totalmente nevrotiche e sole e anche se non ci sia in gioco qualcosa di importante che ha a che fare con il rapporto tra la liberazione delle donne e la bellezza femminile.

Naomi Wolf, Il mito della bellezza, 1990.


Rispondere pienamente a dei canoni estetici che soddisfino il mercato del consumo è diventato poi sempre più marcatamente l'obiettivo invisibile ma imperante della nostra società tardo capitalista.

Mi ha molto colpito la lettura di una grande studiosa, Cynthia Cruz, in merito ai disordini alimentari di Amy Winehouse in Melanconia di classe, libro magnifico di cui ho parlato in un post precedente.

Le considerazioni della Cruz sull'anoressia, in particolare, mostrano come il corpo possa simboleggiare la protesta verso il sistema capitalista proprio inseguendo una magrezza eccessiva, certamente patologica e che non va presa in nessun caso ad esempio, non fraintendetemi. 

La persona anoressica trasforma il corpo in un simbolo, convinta a torto che esso verrà letto in modo universale per quello che è e rappresenta per lei. Invece la società interpreta quel fisico esile e devastato come un desiderio di bellezza, un voler essere magra per desiderio di piacere. 

Gli altri vedono la magrezza per quello che significa per loro, un conformarsi alle norme culturali, anziché come un modo per ricreare il corpo e trasformarlo nel linguaggio del “no”: una fiera e potente ribellione contro la cultura, contro quelle forze violente che pretendono che lei ceda e si conformi ai loro ideali.

 La potenza e la volontà della persona anoressica sono inesorabili: è il genere di forza che le permette di non mangiare per giorni e poi di correre per venti chilometri sotto la pioggia, la neve o un caldo feroce, senza alcuna fonte di energia all’interno del proprio corpo. Quella forza di volontà pura, necessaria per trasformare un fisico sano in nient’altro che un cadavere, è qualcosa che le va riconosciuto.

Un disturbo alimentare può essere un mezzo per controllare cosa si immette dentro di sé dal mondo esterno.

 Nell’anoressia, quando il corpo diventa minuto come quello di un bambino, la persona che soffre scompare. A causa dell’anoressia cronica, la mente del malato si perde, la voce balbetta e biascica. Il balbettio può essere considerato come la risposta traumatica alle azioni del mondo. 


Il corpo di Amy può quindi essere visto come simbolo del CORPO ANTICAPITALISTA che ha sentito desiderio e bisogno di dire no, decidere cosa assimilare dentro di sè, come "una reazione al fatto che il mondo ha detto no a lei, si è rifiutato di prenderla dentro di sé o di digerirla."


Amy Winehouse


Ma veniamo ad altri tratti caratteristici del corpo nell'età tardo capitalista entro cui visse e morì incompresa la povera Amy.
Oltre ad essere straordinario, performante, sempre tonico e levigato, il corpo dell'era tardo capitalista deve soprattutto apparire sempre giovane.


La paura di invecchiare si chiama gerascofobia e come tutte le paure rende infelici. 
Consiste nel timore ossessivo di perdere la tonicità del proprio corpo, il collagene e la pelle di pesca, certo
, ma anche le proprie capacità intellettive, la memoria, l'autonomia.
 Ed è comprensibile che faccia paura la possibilità di rincretinire e di certo scoprire che nemmeno tenere il cervello impegnato con l'enigmistica e/o fare scorpacciate di omega 3 possa garantire la salvezza dal rincoglionimento, rende ancora più angosciati.
Come anche rendersi conto che non bastano tutti i soldi del mondo a guarire da certi mali. Vedi Silvio.

Ma insomma, o si invecchia, o si muore. Non c'è altro scampo!

Invecchiare è meraviglioso, dicono, un privilegio raro che non si assapora abbastanza, che nasce dalla consapevolezza che ogni tappa precedente sia stata raggiunta con orgoglio e si possa allargare le braccia serenamente e raccogliere sorridendo tutto ciò che di buono si è seminato.

Questo, almeno, in un mondo ideale, che non ha perduto del tutto il senso delle radici della civiltà che vedevano nella vecchiaia la custode della saggezza e nell'eredità lasciata soprattutto quella degli affetti e della bontà. 
Il nostro mondo è ben diverso, hanno prevalso altri "valori", chiamiamoli così. Rimuovere la morte ha questi effetti.

La piel que habito di Pedro Almodovar 2011

Personalmente, faccio ancora molta fatica ad accettare le rughe, anzi righe, come le chiama mia figlia di cinque anni, sul mio volto.
Sono brutte, è innegabile. 
Ma sono lì perché ho vissuto, non mi sono risparmiata di farlo, con notti insonni appresso alle mie figlie, con preparazioni di tesi di laurea, di dottorato, di concorsi, tanti sforzi fisici e mentali che mi hanno reso ciò che sono oggi. 
 

C'è dietro anche tanta incuria ed esposizione ai raggi UVA durante i vent'anni senza protezione solare, o, peggio, con intrugli per accelerare la tintarella perché a Palermo era figo essere abbronzati, abbronzatissimi da marzo a novembre, è giusto confessarlo. 
In ogni caso, predisposizione genetica e incuria, oltre l'insonnia, che sia, le rughe ci sono e le percepisco ancora più come un dono sgradevole che un privilegio, ma imparo ogni giorno ad accettarle un po' più del giorno prima e riderci su.
Il mio modello, comunque, non è Dorian Gray.
E voi, lettrici e lettori immaginari, che prezzo siete disposte/i a pagare per apparire sempre giovani, scollate/i dalla vostra vera età?
Perché voler sembrare a tutti i costi ciò che non si è?



Questo corpo, La rappresentante di lista 

Questo corpo che mi vuole beneAnche se cade non succede nienteÈ una promessa che faccio a me stessaIo mi riprendoQuello che mi hai portato via


Ma anche se non fosse stato nessuno a togliercelo questo incalcolabile quantum che si sente perduto, se anche non ci fosse, cioè, qualcuno contro cui scagliare le nostre invettive, la promessa dovrebbe valere lo stesso.

Il corpo è mio. 
Un tempio? Una discarica? Una  merce da vendere?

Offrire risposte nette è stupido e pericoloso. Il tema è delicatissimo e complesso, gli slogan equivoci e prestabili alle più disparate propagande, maturare un accordo sull'argomento parecchio difficile. Ci tornerò possibilmente in altri post.

Da un lato posso comunque già dire che ci sono i corpi occidentali, giunti a livelli tali di sottrazione dal dogma da poter discutere di uteri in affitto,

dall'altro i corpi delle donne asiatiche e africane, invece, che non hanno conosciuto alcun percorso basilare di liberazione.


E poi c'è il CORPO CAPITALISTA.

Dettaglio dell' opera di Antonio Garullo e Mario Ottocento


Il corpo che ha accumulato a dismisura negli ottantasei anni vissuti intensamente, condoni e onori di ogni tipo, agendo sempre e unicamente per i suoi interessi e, senza che la moltitudine di corpi liberi e ancora in vita lo trovi indecente, oggi viene sostanzialmente beatificato.

Il CORPO che nell'opera di Garullo e Ottocento tanto discussa e che ho messo all'inizio di questo post (per approfondimenti guardate qui: https://caffetteriadellemore.forumcommunity.net/?t=51112497 

sorride beffardo, pago di averci gabbato tutti, dal primo all'ultimo.

Il CORPO che in migliaia oggi stanno salutando commossi al Duomo di Milano, per funerali di Stato, rimane esposto alla folla benedicente. 

E' il CORPO CAPITALISTA trionfante, che solo la morte poteva piegare, ma rimarrà perpetuamente nell'inconscio collettivo e nelle pagine di storia.

Una curiosità. Il solo antecedente di lutto nazionale durato sette giorni è quello di Mao Zedong.

Anche Silvio si è trovato a replicare la fine di un comunista.

Chi l'avrebbe mai detto?

Funerali Mao Zedong, settembre 1976. La salma del leader cinese venne esposta presso la sala del Popolo per otto giorni, sino al 18 settembre, giorno dei funerali solenni tenutisi in piazza Tienanmen





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