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"Primavera non bussa, lei entra sicura" , Faber


C'è un tempo giusto per ogni cosa.

Ho frequentato e ciclicamente abbandonato, salvo poi ritornarvi, il mondo virtuale per più di quindici anni.

Almeno una dozzina di anni fa scrissi:

Non possiamo difenderci dall' assenza di certezze se non continuando a parlare per provare a reggere il confronto anche in sentieri su cui non sboccerà magari nessuna rosa eterna, ma tanti fiori di cactus, capaci di durare e risplendere solo in quelle fortunate notti in cui qualcuno, per caso, è passato da lì.
È forse questo il vero. Un incontro fortuito, che prevede una testimonianza che resta trasognata e vorrebbe poter tornare subito a vedere ciò che ha visto, ma non è già più disponibile.
Un incontro e un' attesa, dunque, combinati in una ricerca appassionata eppur composta, che procede senza tregua per l'intera esistenza.
Semplicemente perché ne valeva e vale ancora la pena.
L'alternativa è darsi in pasto all' indifferenziato che propina rose di plastica ed estingue ogni anelito all' Assoluto, confondendo bisogni e desideri.
Una strada più comoda, che non richiede particolari sensibilità, immaginazione, pazienza e stupore per essere percorsa.
Basta camminare guardando senza osservare, distratti e annoiati, ingoiando giornate identiche senza più chiedersi il perché di niente.
Perché talvolta vale la pena anche essere automi. Ci si fa meno male certamente.
Ma si è più felici?
/

Ecco, sono di nuovo alle prese con le stesse domande.
La Verità ormai la vedo incarnata nei miei genitori, in mio fratello, in mio marito, nelle mie figlie, nei miei suoceri, nei miei familiari, nelle mie amiche e nei miei amici, nelle mie alunne e nei miei alunni, nelle professoresse e nei professori che mi hanno in-segnato, oltre che nelle mie colleghe e colleghi, certo. Ma anche in tutte/i coloro che ho incrociato o incrocio per pochi istanti ed hanno saputo regalarmi qualcosa di dolce, nuovo, prezioso da custodire.

Volti veri, reali, con cui entrare in una forma di contatto che l'abuso di social sta facendo dimenticare.

Non occorre farneticare in modo teoretico, doloroso e solitario, sentendosi incompresi perché troppo "elevati". Questo atteggiamento è detestabile, fondato su una certa arietta di "superiorità" e spocchia europea, troppo europea, che merita disprezzo.
Mi piace l'idea di rimanere viandante, però, in cerca di quello che ancora non ho trovato (o di quello che posso tentare di donare io stessa con più energia). 
E per farlo penso mi servirà affrancarmi per qualche settimana dalle "posture" derivate dalla dipendenza dal pc e dal cellulare (lavoro escluso).
Vi saluto con una "poesiuola" scritta poco fa (che ho inserito anche nell'ultimo post precedente questo).
Ad maiora!



Hybris


Quanto sono grandi i sogni dell'umano!

 Sfiora ardito monti e stelle

Ed unisce chi è lontano.


Per sfidare la caotica Babele

Le distanze ricompone 

Con l'ingegno e con la tele.


Ma se pervaso da tracotanza

Troppi ostacoli salta sprezzante

Ogni grazia ad un tratto perde

Tornando fiacco, tonto e pesante.


Stare buono, in silenzio nella stanza!

Abbracciare gli alberi, sudare e cercarsi!

Interrompere la tecnoderiva:

Tornare ad amarsi!


Solo così non cederà al Niente

 Quella carica inventiva

 Che può renderlo potente.


...


Beh, questa tracotanza è millenaria e di difficile guarigione.

Ha provocato così tanti danni fisici e morali che nemmeno intere epoche di redenzione potrebbero bastare a risarcire popolazioni umiliate e devastate dal volto tracotante europeo, convinto di essere superiore e legittimato, perciò, a procedere nella demarcazione dell'umanità tra un "Noi" puro, perfetto e dotato di poteri intellettivi e morali straordinari, ed un "Loro" , contenitore astratto ed indifferenziato di barbari, sporchi, stupidi e cattivi non europei.

Dalle crociate al genocidio dei nativi americani, dallo schiavismo al colonialismo, dall'intolleranza e persecuzione verso gli islamici all'Olocausto, dal respingimento dei migranti all'accettazione di quanto sta accadendo a Gaza... 

Non è proprio un quadro di diritti, accoglienza, inclusione ed empatia quello che emerge dalla storia del vecchio Mondo. E dispiace che quest'ammissione non provenga dalle bocche di intellettuali che parlano, straparlano e fanno battere le mani a quanti sembra abbiano un incommensurabile desiderio di riconoscersi in un'identità ben chiara, netta e definita, perché di tutto può dubitarsi, fuorché dell'evidenza cartesiana della grandezza europea (per altro interamente maschile, come quella elencata da Vecchioni).

E già. Rifuggiamo discorsi complessi, facciamo incetta di semplificazioni aberranti per avvelenarci e continuare a creare steccati e dare adito a dolorose incomprensioni.

Perché è questo che provocano discorsi come quelli di Roberto Vecchioni: dolore. 

Non solo delusione, rabbia per l'ingiusto sproloquio ed incredulità che lo pronunci una persona che credevamo illuminata, ma anche dolore fisico e pungente. Almeno in chi ancora ha sufficiente sensibilità per smascherare quell'ipocrita castello di menzogne su cui si è costruito il mito dell'uomo bianco e della sua missione civilizzatrice. E non credeva lo avrebbe sentito nuovamente propinato senza incontrare alcuna resistenza, ma ricevendo addirittura plauso e sostegno fortissimo, lì tra i vecchi e vecchioni presenti a piazza del Popolo sabato 16 marzo.

Urge, pertanto, modificare il post e congedarsi con il testo di Djarah Kan condiviso su facebook, che è quello che ho trovato finora più calzante ed illuminante per spiegare i profondi limiti di un'Europa che sembra proprio non voglia fare i conti con la sua atavica sete di dominio e con tutte quelle patologie (razzismo, imperialismo, colonialismo) che l'hanno resa culla di inciviltà, più che di civiltà.

Spero possa aiutarci a riflettere ed iniziare a riconfigurare diversamente il nostro orizzonte ( o tornare a farlo con più slancio e convinzione) e magari anche a farci stare qualche secondo zitti prima di parlare di "orgoglio europeo".

Ecco il post di Djarah Kan:

Alcuni degli interventi che si sono susseguiti dal palco della manifestazione per l’Europa a Piazza del Popolo, mi hanno fatto davvero male. Ne parlo da giorni con tutte le persone nere che conosco. e condividono il mio stato d’animo. Stiamo male. Malissimo. Perchè non riusciamo a credere che quella sinistra italiana lì riunita stia parlando di Europa, negli stessi toni, con lo stesso linguaggio e addirittura con le stesse visioni culturali che i colonizzatori hanno sempre sfruttato per giustificare quella barbarie che è stata e che è ancora oggi il Colonialismo.
Lo giuro. provo un dolore enorme.
Da donna africana, da figlia di indigeni africani che hanno dovuto lasciare una terra ricchissima, resa sterile dal colonialismo e dal capitalismo estremo, questa retorica mi uccide.
Quella piazza mi ha sconvolta. Tra il revisionismo storico di Scurati e le parole di Vecchioni, quello spettacolo di persone bianche, intelligenti, istruite incapaci di cogliere la violenza storica di quell’idea di Europa, mi ha spezzata in due. Non posso credere che l’unico modo per opporsi a due dittatori, sia questo ritorno alla Vecchia Europa eurocentrica, culla della civiltà e di tutto ciò che può essere giusto e buono. Con una leggerezza allucinante c’era gente che dichiarava apertamente che l'Europa ha insegnato al mondo la filosofia, la storia, l'arte. L'Europa è superiore. L'Europa è il faro del Mondo. NOI siamo il CENTRO e vogliamo essere di nuovo la bussola che detta la direzione da prendere.
Con queste mie orecchie di figlia di indigeni costretti ad emigrare in Europa per accedere ad un minimo delle ricchezze che gli sono state sottratte a forza di fucilate e bombe ho sentito gente istruita e gonfia di privilegi e di Potere mediatico dire:
“L’Europa è il fondamento di tutte le verità ideologiche, etiche, estetiche.
Abbiamo inventato tutto.
La bellezza, la passione, la letteratura.
E non possiamo assolutamente perderle queste cose. Perchè noi Europei abbiamo insegnato tutto.”
Ma come si possono fare delle affermazioni tanto violente e umiliant? Anche i governanti dei Paesi Europei che ci hanno colonizzati e spezzati, erano convinti che fossimo barbari e che i nostri Mondi avessero bisogno della superiorità culturale dell'Europa per crescere ed evolvere. Anche loro erano convinti che gli indigeni non avevamo niente da insegnare, ma tutto da imparare. E infatti ci hanno ma*ss*crati. Sono dovuti venire con gli aerei, le navi, le bombe e il gas per farci capire quanto fosse fondamentale allinearci alla meravigliosa e accogliente cultura Europea che anche se con le maniere forti, alla fine comunque...del bene lo fa.
Il problema è che il benessere degli Europei non ha mai coinciso con il benessere degli indigeni colonizzati. Anche se in quella Piazza molti lo hanno negato, c’è sempre stata una relazione abusiva tra europei e colonizzati. Una relazione che non si è affatto risolta con lo smantellamento ufficiale del Sistema Coloniale. E’ inutile dirsi antirazzisti e progressisti, se poi l’idea di progresso combacia con la ricentralizzazione di un’Europa che si sente lasciata indietro in questa nuova spartizione dei poteri. L’Europa raccontata e intesa come unica residenza possibile della civiltà, oggi rappresenta un’offesa all’intelligenza di qualsiasi persona sappia utilizzare internet e un po’ di raziocinio non eurocentrico. Non ce la meritavamo questa riformulazione in chiave contemporanea de “IL FARDELLO DELL’UOMO BIANCO”. Eppure sono sicura che Rudyard Kipling, pur non condividendo tutto, sarebbe stato felicissimo di partecipa a quella piazza “plurale”, così appassionata di Europa e di missioni civilizzatrici.
Una piazza che per quanto mi riguarda ha usato parole violente, figlie di un’ideologia violenta e coloniale talmente interiorizzata da risultare normale amministrazione europea, quando avrebbe potuto scegliere di dire semplicemente che l’Italia RIPUDIA LA GUERRA e ogni forma di autoritarismo che venga dall’Occidente, dall’Oriente, o dal Sud Globale.
Ci voleva assai? Penso proprio di no. Eppure, ho avuto la sensazione che molte delle voci scese in campo a favore di quell’Europa sì imperfetta, ma alla fine dei conti moralmente superiore al resto del mondo, stessero in realtà incarnando una rabbia ancestrale che affonda le sue radice nella perdita di centralità del Soggetto Europa.
C’è rabbia perchè molte persone di sinistra, prima di essere di sinistra sono bianche ed europee. E la loro idea di progresso, sfortunatamente passa attraverso la lente distorta della bianchezza e del suprematismo europeo. In questa nuova spartizione del potere e dell’egemonia culturale, la Vecchia Europa viene esclusa, e al posto di opporsi alla dura legge del Capitale, grida allo scandalo, per essere stata trattata come l’ultima arrivata ad un’abbuffata che storicamente ha sempre avuto la convinzione di aver apparecchiato lei.
A qualcuno darà fastidio sentirsi dire che la sua idea di un Europa moralmente superiore agli Stati Uniti di Trump o della Russia di Putin sia egualmente inaccettabile e coloniale. Ma onestamente non me ne frega un emerito tubo.
Dire che l’Europa è la culla della civiltà Mondiale è una mostruosità che non si può perdonare ad un nax*ista. Figuriamoci ad una persona di sinistra che non vuole fare i conti con la propria BIANCHEZZA. Per chi ha vissuto l’Europa in un corpo colonizzato e povero, non esiste un Europa buona che si possa separare selettivamente dall’Europa cattiva. In quella piazza si è osato dire che l’Europa non fa guerre da ottant’anni. L’Iraq, le multinazionali europee che cannibalizzano le risorse europee, provocando disastri ambientali di cui nessuno sa niente, che cosa sono allora? Il bom*ar*amento del Kosovo nel 1999, il bom*arda*ent0 della Libia nel 2011...? Come si fa a dire che l’Europa è espressione di pace e di valori superiori? L’Europa non è un vorrei. Nè una compilation di azioni positive. Chi nasce senza privilegi e ricchezze, o con il passaporto sbagliato ha paura dell’Europa quanto dell’America di Trump e alla Russia di Putin. E la Grecia della crisi del 2008 ce lo spiega, descrive e insegna. Erano bianchi, ma erano poveri e anche lì, l’Europa ha dimostrato tutta la sua vocazione capitalista e autoritaria.
La ragione per cui è difficile avere una sinistra italiana realmente anticapitalista e antirazzista sta nella sua bianchezza strutturale. È colpa di una bianchezza mai messa in discussione nella propria visione ideologica se, in quella piazza, c’erano persone convinte di dover scendere in strada non per difendere i più fragili, ma per proteggere e promuovere un’idea suprematista e bianca dell’Europa in chiave progressista.
È colpa della bianchezza se Scurati parla di un “noi europei”, ricostruendo una verità storica che non coincide con la realtà dei fatti. È colpa della bianchezza se per salvare l’idea d’Europa, nessuno considera abbastanza grave e disumano il trattamento che l’Unione Europea riserva ai suoi cittadini più fragili, agli immigrati, ai richiedenti asilo, ai rifugiati. Non vedere le falle e le ingiustizie del Sistema, equivale a non volerlo migliorare affatto. E se il Sistema funziona per alcuni, non si può dichiarare che idealmente funzionerà per tutti. Forse. Un giorno.
La bianchezza e il capitalismo uccidono le sinistre, vanificando ogni loro tentativo di costruire lotte sociali autentiche e rivoluzionarie.
Nonostante mi reputi da sempre una persona di sinistra, ancora una volta faccio i conti con il fatto che alcune persone vogliono restare bianche.
Non meravigliatevi se siamo diffidenti, se ci rifiutiamo di abitare quelle piazze con i nostri corpi, se stiamo sempre a puntare il dito su quello che voi non vedete, ma che intercettiamo chiaramente in quanto soggetti non privilegiati. Non c’è nessuno che conosca meglio contraddizioni e lati positivi del vivere in Europa di una persona razzializzata. Vi interessano questi saperi? Siete pronti ad accoglierli e a sentirvi mancare la terra sotto i piedi, mentre la storia che vi raccontate da secoli viene smentita mattone dopo mattone? Siete davvero pronti a diventare esseri umani e a liberare la vostra cultura dal gioco del colonialismo e del capitalismo? Ripensando a quella piazza, penso proprio di no. Ma smettere di pensarsi come custodi della civiltà umana sarebbe un ottimo passo. Decolonizzare i propri saperi anche.
Ripensarci come un popolo globale che pensa a come non farsi massacrare dal capitalismo e dal colonialismo invece, sarebbe perfetto.

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