PALERMO DIVORA I SUOI FIGLI

 

Statua del genio di Palermo, Palazzo delle Aquile, che reca ai piedi l'incisione:  "Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit », "Palermo, conca d'oro, divora i suoi e nutre gli estranei/stranieri"

 Condivido una nota facebook che il social network mi propone come ricordo di oggi, datato 18 gennaio 2012. 

A Palermo c'era estremo fermento per la rivolta dei forconi, come si autodefinì un gruppo di autotrasportatori, contadini, pescatori in lotta contro il caro benzina, le tasse, le norme europee sulla pesca e le condizioni di lavoro dei braccianti. 

Le città siciliane furono paralizzate e c'era  tanta paura per eventuali esiti "fascisti" di quella protesta (ignari com'eravamo che i fascisti, quelli veri, li avremmo avuti al governo dieci anni dopo).

 Andai a intervistare alcuni "rivoltosi" ed esposi in questa nota qualche riflessione che mi va di condividere qui.

Certamente, più di dieci anni dopo, posso dire che Palermo divora sicuramente i suoi figli e trascura e maltratta parecchio anche gli stranieri, perdendo progressivamente quel marchio di ospitalità ed apertura che la distinguevano positivamente rispetto ad altre città più chiuse e razziste. 

Peccato. 

Ecco la nota:


“A chi obietta che finora nella storia non sono stati possibili cambiamenti strutturali con metodi nonviolenti, che non sono esistite rivoluzioni nonviolente, occorre rispondere con nuove sperimentazioni per cui sia evidente che quanto ancora non è esistito in modo compiuto, può esistere. Occorre promuovere una nuova storia.” Danilo Dolci.

 

Sono appena tornata dal porto, dove ho fatto diverse chiacchiere ed interviste a pescatori, presidenti di consorzi agricoli, camionisti e poliziotti (alcune sono state montate da Ambrogio, portavoce del dissenso degli agricoltori siciliani, nonché possessore della telecamera, in questo video: 

http://www.youtube.com/watch?v=AcyDT1fqyXg).

Non so se questi siano davvero giorni storici nel senso della novità pensata da Danilo Dolci.

 I metodi adottati dai pescatori, gli autotrasportatori e gli agricoltori siciliani vanno incoraggiati, tollerati, temuti, combattuti? 

Il protezionismo invocato è una risposta efficace alla crisi vissuta? 

Chi protesta è figlio di una logica assistenzialista ed ora che è finita la cuccagna, è necessario che accetti le normative europee senza lamentarsi? 

Non abbiamo miti celtici alle spalle, ma perché a me quella bandiera con la Trinacria con cui mi hanno fotografato stamattina, malgrado le distinzioni rispetto al separatismo che mi hanno invitato a fare oggi, continua a far paura? 

Il cosmopolitismo mina il principio di realtà?

 Resta un sogno da benpensanti?

 E, soprattutto, dietro questa "forza d'urto" e 'sti forconi, ci sono i fascisti?

Troppo presto per dire la propria, forse, e poi sarebbe uno dei tanti punti di vista estremamente contingenti, destinato ad affogare nel web. Ho già scritto tantissime note in passato, cancellate dai misteriosi mutamenti facebookiani, per fortuna. 

Le cose più importanti non si riservano agli scritti, così pensava Platone, così troppe volte non ho creduto io, perdendo progressivamente la parola e la voglia di dialogo effettivo.

 Meglio allora osservare, interrogare, parlare, cercare di capire, studiare e descrivere quando affioreranno maggiori dettagli della situazione nella quale, volenti o nolenti, siamo tutti coinvolti.

Ciò che conta al momento è partecipare e non lasciarsi prendere dal panico, dalle isterie collettive da ressa immediata ai supermercati e presagio di una nuova guerra mondiale,  perché è vero, stanno facendo molto bordello e, proprio perché si mostrano uniti nella difesa della loro" coscienza di classe" e, soprattutto, dispongono di "mezzi" che i professori e gli operai si sognano, la paralisi di questi giorni non è roba che durerà poco.

Tuttavia, la paura ed il fastidio diventano ostacoli alla comprensione di quello che sta succedendo. Ed il mio, quindi, è un invito alla calma.

I problemi ci sono e vanno risolti. Onestamente mi lascia perplessa l'idea che appellarsi ad uno Statuto sganciandosi dall'Europa possa essere la strada di modernizzazione più efficace per la Sicilia, ed è questo che per lo più nei vari presidi in queste tre giornate mi sembra stiano richiedendo i protestanti.

Come insegna il prof.re Salvatore Lupo, tendenze centripete e centrifughe si sono sempre succedute ed hanno convissuto insieme fin dal 1861 nel nostro belpaese. E la politica ama cavalcare queste cose, fermo restando che, come dicevano al porto, è sempre il popolo che chiance.

Mi consola, quanto meno, non avere visto nessuna bandiera di "forza nuova" ed avere ascoltato soltanto rivendicazioni che, sul web, sembra siano soltanto manipolate da delinquenti fascistoni e lasciano temere il peggio, in onore al principio che "chi non conosce la storia è costretto a ripeterla". 

Tutti coloro con cui ho parlato hanno desiderato rimarcare la loro apartiticità, mostrandosi indignati per le solite manovre  miranti a "mettere un cappello" su manifestazioni che, per lo più, sorgono spontaneamente per le vessazioni continue di una politica incapace di garantire loro il lavoro.

Sapevate che un tonno pescato in Sicilia è stato venduto in Giappone a 500mila euro? Forse il pescatore esagerava, ma la situazione è comunque grave. Pur essendo pescoso, il nostro mare non è valorizzato se non per rifornire mercati esteri e la licenza di pesca è- come c'era scritto su uno striscione- carta straccia. Vincono le norme europee e i pescatori sono ridotti alla fame.

Se questi nuovi "Vespri" saranno prodromi di una riedizione del fascismo o meno, penso che dipenderà soprattutto dalla capacità dei palermitani tutti di comprendere a fondo le ragioni di questa rivolta, non rifugiandosi nè in un comodo sarcasmo che vede in loro soltanto dei Bivona grotteschi, caricature di sè stessi, nè in un disinteresse pericoloso, giacchè siamo tutti sotto lo stesso cielo ed è limitante pensare che soltanto il social network sia la nostra casa comune.

Siamo disposti a mettere in discussione le nostre personali idee sull'economia, l'indigenza, la giustizia e la mobilità sociale? 

Abbiamo ancora voglia di testimoniare quotidianamente lo spirito democratico, lasciando che l'altro abbia diritto di affermare le sue ragioni, contraddicendo le proprie?

 Siamo disposti ad accettare che la Ragione non è di proprietà di nessuno e la visione sia necessariamente prospettica, ma il principio di distribuzione equa delle risorse sia il caposaldo di ogni discussione "politica"?

 Speriamo bene.

La sola impressione, che non so quanto riuscirò a fare vacillare, è che la disperazione troppo spesso conduce ad ignorare il contesto storico e spinge a desiderare una chiusura, un ritorno indietro che non è possibile nemmeno lontanamente auspicare, non in nome di un progresso-per lo più illusorio, per quanto mi riguarda, data l'evidente crisi del capitalismo-, ma della fiducia in quell'apertura al diverso che ha tenuto in piedi per secoli la Sicilia, o sbaglio?

Avevo già scritto tempo fa parole piuttosto retoriche di questo tipo:

"Panormus cara, che cosa ti è successo? Dimentichi di essere stata ospitale, capace di nutrire più gli stranieri dei tuoi stessi figli? Muoverti è solo un'illusione? Non c'è speranza alcuna di vederti risorgere ed accogliere anche l'ultimo dei tuoi ospiti in nome di leggi non scritte, che, pure, circolano nel tuo sangue misto, di ricchi e lestofanti, umili e vastasi di tante diverse nazionalità? Sei un astratto contenitore di solitudini e disperazione, malgrado i tentativi faticosissimi di lasciare emergere nuove prospettive per chi ancora, domani, vorrà abitarti?

La parola è stata vinta. Lo slancio, sempre in direzione contraria, quasi del tutto soppresso.

 Quale slancio? Verso chi, verso cosa?

Lo confesso. "Non al denaro, non all'amore né al cielo".Ma al cuore della stessa nuda vita, ai suoi sentimenti contraddittori, alla potenza della musica, dell'arte e di ogni distratto riflesso del reale, contro l'impietosa logica di quella rigida Storia che scrivono solo i vincitori.

"Si salvi chi può"è stata la regola imperante negli ultimi decenni. Scardinata la "comunità", resa ridicola, un bene di infimo valore dal potere unicamente coercitivo, la società occidentale conosce pochi momenti di entusiasmo, per poi tornare a vagare di nuovo senza il desiderio di lasciare questo mondo migliore di come ci è stato dato in consegna.

Chi continua a sognare la rivoluzione, a pensare e a lottare come può perchè certi episodi non accadano più, forse è solo un demente, costretto prima o poi a capire che l'unica "concreta" trasformazione profonda possa avvenire interiormente...tutto il resto è noia, vanità, superfluo scontro iper-retorico con potenti che corrompono immediatamente cuore ed intelletto non appena entrano nel mondo delle istituzioni, infangando la sacralità della legge. 

Ahimè, come mi salvo io, che sono demente? E che perplessa, incerta, stanca, esaurita, strozzata da milioni di angosce, continuo ad invocare la rivoluzione, come parola fondamentale che getti scompiglio nell'ordine immacolato di certuni, incapaci di fare i conti con l'estraneo e pronti a sparare sulla dignità e la bellezza umane, senza sapere che, ancor più della conoscenza, solo l'amore ci salverà?"

 

Era febbraio 2011, pochi giorni dopo l'uccisione di Nourredine. Oggi sono troppo arrugginita per pensare alla "rivoluzione". Spero di apprezzare ragionamenti articolati e raccogliere quante più sfaccettature diverse che ricordino una volta ancora quanto non esista Verità assoluta ed è soltanto dialogando che si può cercare di illuminare il proprio cervello, dare voce alle proprie insoddisfazioni e lottare per una maggiore equità della comunità intera.

Perciò posso solo cercare di svegliarmi e confidare profondamente che, se non di "rivoluzione", questo gennaio 2012 non sia l'inizio di un'involuzione siciliana, che ci lasci più isolati, ignoranti, sperduti nel mito di indipendenza presuntuosa, invidiosa delle sue risorse e pronta a fare esplodere la rabbia accumulata solo per mettersi alla gogna di un nuovo padrone, anzichè per ripensare profondamente il significato dello sfruttamento ed il senso del "potere" e dell'"identità".


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