“L'uomo è nato libero e dappertutto è in catene”,J.Jacques Rousseau
Vi segnalo il bel progetto fotografico del mio amico Giorgio Barbato che potete trovare qui:
http://www.rivel-azioni.org/2018/09/01/liberta/
Ho scritto per lui alcune banali riflessioni che cercano di commentare le sue bellissime opere e mi ha autorizzato a condividere qui.
Una dozzina di scatti che raccontano diversi aspetti della
libertà.
La libertà come potenza della natura che non conosce alcun
limite e che viene descritta nella prima foto sia dal volo magnifico e
dirompente di gabbiani che librano vorticosamente in aria, che dal mare che si
schianta violento sulla battigia, per ricominciare il suo moto permanente.
Nella splendida immagine catturata da Giorgio, mi colpisce il
contrasto tra l’esplosione dei due movimenti citati e la plasticità degli altri
due elementi centrali nella composizione: la stasi obbligata dei pesci
catturati nella rete e la posa composta del ragazzo, il cui volto rimane quasi del tutto celato, ma è impossibile non immaginarlo stupito al punto da aver rallentato il
passo per potersi godere lo spettacolo.
Ci troviamo quindi fin
da subito davanti ad un tema filosoficamente e letterariamente affascinante:
il rapporto tra il
soggetto umano, finito e determinato, ed il cosmo, misterioso e potente, che
pare non conoscere alcun ostacolo alla sua manifestazione.
La pochezza dell’essere umano, il suo essere microscopico e
niente più che una “canna pensante”, come diceva Pascal, gettata in un mondo
vasto, stupefacente, che irretisce per la sua meraviglia e talvolta spaventa
per la sua immensità ingovernabile, proponendo di continuo fenomeni naturali
difficilmente controllabili e comunque regolati da leggi del tutto indifferenti
al destino della specie umana.
Quale libertà può effettivamente venire riconosciuta ad un
essere così condizionato e minuscolo?
“Non è necessario sapere tutto per cominciare”.
Ecco la risposta fornita dall’autore a questa domanda. E che
ci conduce anche al secondo, cruciale aspetto che ritengo emerga dalle sue foto
come il senso più umano della libertà.
Libertà come capacità di iniziare, di essere origine di
eventi nuovi, imprevedibili, inattesi, che si sottraggono alla paralizzante e
nichilistica consapevolezza di essere precari, deboli e mortali.
Libertà, quindi, come accettazione dei limiti imposti alla fragile
condizione umana, che però non si trasforma mai in raggelante visione della sua
miseria, ma spinge, al contrario, a cercare avidamente sempre nuovi varchi per
sperimentare le possibilità straordinarie che solamente all’essere umano sono
concesse. Anche semplicemente guardando oltre le finestre.
Giorgio mostra, senza prescrivere. Perché la libertà forse si
può soltanto lasciare vedere e contemplare, assorbendo in silenzio la sua
enigmatica presenza, avvertita nella nostra possibilità di scegliere,
progettarci, rinnovarci, partecipare al gioco delle relazioni umane senza
stancarsene mai.
E allora vediamo le foto cogliere la trasgressione, la
spontaneità e voglia di rischiare camminando sull’acqua, oppure la rinuncia
alle costrizioni provenienti dalla società, i momenti magici di condivisione, in
un processo sempre attivo di liberazione dalle forme precostituite e dalle
maschere indossate quotidianamente e, tuttavia, mai troppo aderenti da non
consentire di toglierle, così da riconoscere nuove, più esaltanti ed autentiche
dimensioni.
Individuali o collettive, per ritrovare sé stessi e gli
altri, nell’ostinato tentativo di autodeterminarsi, le immagini di libertà che
l’autore ci ha donato hanno il potere di liberare chi le guarda
dall’atteggiamento di sufficienza verso il già visto e dunque di scuoterlo
dalla passiva adesione ad un modo di vivere accettato perché accettabile.
Perché questo è il valore forse più profondo della libertà
che dovremmo difendere per noi stessi e per gli altri.
La libertà di autodeterminarsi, non cedendo alle nevrosi
capitalistiche per un possesso inutile, un consumo forsennato ed una vita
esente dal dolore, e al contempo lottando con tenacia contro tutti gli
impedimenti all’espressione della natura più intima di ciascuna/o di noi.
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