"L'abisso non ha biografi"

La spiaggia dello Steccato di Cutro, all'indomani del naufragio avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, a 200 metri dalle rive italiane. Sul caicco partito dalla Turchia viaggiavano circa 200 persone. Ad oggi i morti accertati sono 94, i sopravvissuti 77.   


L'abisso a cui la mia adorata Emily Dickinson faceva riferimento in una lettera del 1884 ("Tentare di parlare di ciò che è stato, non sarebbe possibile. L'abisso non ha biografi", ED) era naturalmente quello interiore, che difficilmente può essere narrato e che nella poesia può sembrare talvolta sparire, quando trova un timido approdo linguistico, senza tuttavia raggiungere mai un'effettiva quiete.

Ma l'Abisso a cui dedicherò questo post è quello di cui parlava ieri la puntata di Piazza Pulita di Formigli su La 7  (anche questa è una trasmissione televisiva che mi capita di vedere) che potete rivedere qui: piazzapulita-labisso-puntata-del-17092023-17-09-2023-490585

Se potete, prendetevi un'ora e mezza per sfiorare l’abisso che riguarda milioni di vite umane prima, durante e anche dopo viaggi disperati e che nascono sempre dalla disperazione. Proviamo ad affondare con loro, trafitti dalle storie di miseria, violenza e sofferenza di vite nate nella parte sbagliata del pianeta, per poi risalire sgomenti dalla nostra indifferenza, o addirittura convinzione di trovarsi legittimamente nella parte dei giusti, recitata dall’attuale classe dirigente di questo Paese.

“Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica finanziato da Soros” ha dichiarato impunemente Giorgia Meloni, che ha parlato dell’immigrazione come “un’invasione pianificata e voluta”.

Forse questo offende in assoluto più di tutto, in questo oceano di dolore che viene raccontato nei servizi della puntata. La beffa più clamorosa, il volto glaciale della crudeltà smisurata è quello apparentemente innocuo di Piantedosi che, a proposito dei migranti, ha parlato di "carico residuale".

Non dimentichiamolo.

Eccolo il duro volto della legge oppressiva che dimentica il soccorso, disonorando, prima ancora che accordi internazionali, leggi sacre e invisibili iscritte nella carne di ogni membro del consorzio umano, e invece lascia affondare, lascia morire, trasformando il suo pianificato (quello sì) assassinio in un ideologico atto di necessaria difesa da quello che intende convincere le cittadine e i cittadini sia un progetto di sostituzione.

Nessun libico, nessun siriano, nessun tunisino e nessuna afghana lascerebbe mai la sua casa, i suoi affetti profondi, la sua rete di amici perché intenzionato/a a sostituire quei  bei, bianchi occidentali che hanno fin troppo goduto del "benessere" ed è tempo di cacciare via.

Scappare è sempre una necessità che costa una fatica già psicologica di difficile comprensione alla sensibilità occidentale, tronfia di individualismo e raccapriccianti vacuità.

La fuga, poi, è un tormento inaudito, una lotteria in cui si rischia ogni cosa e che, pure, diventa la sola possibile alternativa alla disperazione quotidiana, alla vita disumana o alla morte certa che spetterebbero a chi rimane in Paesi sfiniti da guerre, violenze incontrollate e conseguenti dure lotte per la sopravvivenza quotidiane.





L'Abisso è anche il titolo dello spettacolo teatrale - ispirato a uno splendido libro, "Appunti per un naufragio"- che Davide Enia, scrittore palermitano che stimo molto, ha messo in scena qualche anno fa e a cui ho avuto l'onore di assistere al teatro Biondo.


Nel romanzo "Appunti per un naufragio" che avevo letto prima dello spettacolo, Enia fa dire a Pietro Bartolo- ginecologo che lavora veramente a Lampedusa ed è "il medico che probabilmente conta il più alto numero di ispezioni e riconoscimenti cadaverici al mondo, almeno in una zona non di guerra"- quello che è un invito che dovremmo leggere e rileggere anche quando siamo stanchi e ci sembra di non potere più reggere tanta sofferenza:


"Le cose si sanno e si fa finta di non saperle. Ecco perché adesso sto parlando con voi, perché ogni singola voce può servire a sensibilizzare. Noi siamo singole gocce, ma tante gocce possono creare un oceano."

E ancora

"Scrivetene, andate in giro a raccontare cosa avete visto perché ce n'é bisogno, in Continente non hanno le idee chiare su cosa stia accadendo davvero, ma non intendo cosa accade qui a Lampedusa, quest'isola è soltanto un punto di passaggio, la tappa di una odissea, mi riferisco piuttosto a cosa accade davvero a 'sti poveri cristi che arrivano qui, le atrocità che sono costretti a subire, la mortificazione della loro stessa esistenza, lo svilimento dei sogni e delle speranze".

La puntata di Formigli va vista perché si possono vedere le condizioni in cui vivono i "migranti economici", i tunisini che sognano di andare in Italia , e anche per decostruire questa mistificazione portata avanti dal governo, che vede negli scafisti i colpevoli di questo disastro.

"Uomini usati come proiettili per indebolire la nostra Nazione" dice il mononeurone fascista Giovanni Donzelli, lasciando sbalorditi per tanta idiozia e spaventati dal fatto che sia un parlamentare.

Siamo stanchi delle loro aberranti bugie  per negare responsabilità e lasciare all'infinito meccanismo del rimpallo di queste ultime, quell'impossibile, in ogni caso tardiva, ultima parola che potrebbe inchiodarli alla coscienza della colpa di un disastro che, sicuramente nel caso di Cutro, poteva essere evitato.

"Si salvano le persone a mare", non si lasciano morire!

Qualche decennio fa "c'eravamo noi su quelle barche", come gridava in un servizio della puntata una donna siciliana furiosa e frustrata davanti alle decisioni sconsiderate di non fare approdare i migranti e lasciarli morire nell'attesa. 

Il Mediterraneo è un cimitero oggi anche per colpa nostra.

LA LIBERTA' di ogni essere umano è INSOPPRIMIBILE.

E tutti hanno diritto di scappare.
Immagine tratta dal film "Le nuotatrici" di Sally El Hosaini che racconta la fuga da Damasco di due sorelle siriane, Yusra e Sara Mardini, attraverso il mare Egeo fino a Lesbo e poi da lì fino alla Germania.

Chi parte per motivi economici, chi parte perché vuole un futuro migliore, chi parte perché scappa da un marito violento…

anche se è collettivo questo movimento, la ragione per cui queste persone partono non è una ragione collettiva.

Moussa Koulibali 

Moussa Koulibali è partito senza scarpe dalla Nuova Guinea ed è diventato mediatore culturale di un’azienda ospedaliera provinciale di Palermo e si dichiara “grato”allo Stato italiano.

 

Guardiamo i loro volti, la loro umiltà assoluta nel riconoscere il LAVORO il centro della vita umana accettando il più delle volte una dequalificazione completa delle loro persone, accettazione che si accompagna addirittura ad un senso di gratitudine per la chance offerta.

Siamo una moltitudine migrante da secoli e questi flussi non potranno che aumentare e quando per i disastri climatici a dover migrare saremo noi, chi si curerà di bloccare il jet privato su cui viaggeranno per mettersi in salvo Meloni, Salvini, Piantedosi ed altre fecce dell’umanità?

Abbiamo solamente da imparare da tutte e tutti i nostri ospiti   e dovremmo riuscire a trasformare la sensazione di impotenza per questa catastrofica ingiustizia di cui siamo inevitabilmente tutti complici, in progetti concreti di vicinanza, integrazione e solidarietà. Oltre che di naturale, indefesso contrasto ad ogni forma raggelante di politica, meloniana o  leghista  che sia, che dobbiamo sperare un giorno sarà studiata nei libri di storia come il limite peggiore mai raggiunto nella storia del nostro belpaese.

L'abisso non ha biografi, già, cara Emily. Ma questo abisso avrà un giorno degli storici, che porteranno a galla tutti i reperti della nostra complicità, delle nostre scellerate omissioni di soccorso, della nostra imperdonabile colpa.


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