SOLE E RIVOLUZIONE
“Il socialismo cubano è nato per essere diverso. Grazie alla Rivoluzione Cubana, rappresentata nel simbolo di dignità nazionale che è Fidel, Cuba è passata da colonia a patria. Sottoposta ad un’incessante persecuzione, è sopravvissuta come poteva e non come voleva. In una situazione di bloqueo e tragica solitudine ha ottenuto miracoli. Il suo popolo generoso e coraggioso si è molto sacrificato per restare in piedi in un mondo di gente in ginocchio”,
Eduardo Galeano
Ciò che Roberto Vallepiano ha riportato nel meraviglioso
libro che ringrazio tanto abbia scritto, sintetizza bene la particolarità del
socialismo di Cuba.
Dopo averla visitata,
come avrete capito in modo più o meno esplicito dai miei racconti, il mito che
avevo di Fidel, se non proprio demolito, si
è parecchio ridimensionato, ma, quale che sia stata la sua influenza nel
plasmare il "suo" popolo, rimane inconfutabile la natura eroica e non corrotta
dei cubani.
Chissà se questa apertura solare, che mai potrà piegarsi
alle fredde, immorali leggi del Capitale, nasca anche dal patrimonio genetico
che conserva legami con l’antica natura indios* così indifesa e innocente
descritta da Bartolomeo Las Casas (sempre riportato da Roberto Vallepiano) nel 1527, quando racconta di Cuba:
Chi domina distrugge e nella terra cubana si sono compiuti stragi, stupri ed eccidi di massa atroci, in nome della "civiltà". Scrive Vallepiano:
"Per la prima volta nella loro millenaria Storia le popolazioni native conobbero la fame, indotta artificialmente attraverso l'uccisione sistematica dei capi di bestiame, l'avvelenamento dei corsi d'acqua e la distruzione delle coltivazioni. I cani da caccia furono una delle armi predilette dagli invasori, i levrieri furono addestrati per inseguire e braccare gli indios smembrandoli e facendoli a pezzi. Per piegarne ogni residua resistenza importarono dall'Europa nuove malattie a loro sconosciute, devastanti per il delicato organismo aborigeno. Nel giro di pochi anni le popolazioni native, stimate in alcuni milioni, si ridussero a sparuti gruppi. La ferocia imperialista dei conquistadores diede vita ad un vero e proprio genocidio. Coloro che si salvavano dalla morte venivano ridotti in schiavitù e costretti a impiegare ogni energia vitale in attività di cui non comprendevano il senso come l'estrazione dell'oro. Bartolomè de Las Casas scriverà: "In tre o quattro mesi morirono di fame più di settemila bambini, abbandonati dai padri e delle madri che venivan trascinati nelle miniere. Io l'ho visto. E altre cose vidi, spaventevoli e inenarrabili".
L'indigeno abituato da sempre a vivere in armonia con la natura all'insegna della libertà più totale, si vedrà improvvisamente schiavizzato e privato di tutto, subendo un atroce tracollo psicologico. Lo stesso Colombo, disgustato da quanto stava avvenendo, cercherà di intercedere presso la Corona Spagnola per bloccare l'eccidio. Scongiurò il Re di intervenire per fermare la mattanza affermando: "Si tratta di popolazioni molto buone e mansuete, che non sanno cosa sia la malvagità o l'assassinio o il furto".
In nome del Dio cristiano avevano convertito il loro mondo millenario fatto di pace e benessere in un inferno terreno.
Fu così che tutti gli indigeni catturati preferivano suicidarsi in massa piuttosto che trascorrere un solo minuto come schiavi. Fu così che le donne stuprate portarono il rifiuto di procreare alle estreme conseguenze, arrivando a sopprimere volontariamente la propria vita piuttosto che concepire un figlio della violenza e della sottomissione. Una fine terribile per una popolazione che esibiva qualità di civiltà e progresso di gran lunga superiori ai loro dominatori".
Le origini si conservano, sicuramente, ma fino a un certo punto possono spiegare la resistenza di certi caratteri.
Non abituarsi alla trappola della macchina "produci consuma
crepa" capitalista aiuta sicuramente a rimanere umani. Anche se sofferenti e con le pezze al culo (mi si perdoni il francesismo).
La povertà non volontaria non deve essere piacevole, ma almeno resti a contatto con le cose importanti, sei ancora salvo, hai ancora un cuore.
E le storie che vengono raccontate nelle pagine
del libro di Vallepiano sono infatti intrise di virtù umane che noi occidentali
possiamo ritrovare ormai forse solamente negli eroi della Resistenza, per
citare le ultime e gli ultimi connazionali che si sono distinte/i per grandi doti patriottiche ed
incondizionato spirito di sacrificio.
Ciò che ci manca è il coraggio di cambiare, di diventare virtuose/i
e coerenti, mantenendoci distanti dalle macchine e dalle bestie e capaci di fare
delle nostre poche stagioni sulla terra qualcosa di decisivo per chi verrà
dopo.
Perduti in questioni sempre meno essenziali, noi abitanti della
società tardo capitalista non sembriamo più in grado di trovare grandi ideali per
cui lottare e che ci facciano sentire vivi, impegnati e preoccupati del nostro
destino, perché intrinsecamente connesso con le battaglie portate avanti per il
bene di tutte le future generazioni.
Avere tutto ha reso l’essere antiquato.
Le rivoluzioni però hanno bisogno di essere, di più essere.
O voi, demoni furiosi e votati alla maestosità perché
insofferenti davanti ad ogni tipo di giustizia sociale, smettete di sprecare
le vostre sacre energie nel mondo di pixel che incatena le nostre anime da più
di venti anni!
Gli anni ribelli sono due volte belli, anzi sono i più
belli. E possiamo averne ancora domani, se ci uniamo fuori da queste scatoline
per lottare contro le menzogne capitaliste e ritrovare chi siamo e di cosa abbiamo veramente bisogno per essere felici.
Buon 2024!
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