Copio e incollo di seguito il doc che avevo preparato nel 2020 per i miei alunni della terza M del Liceo scientifico Galilei (la mia prima supplenza interrotta dal covid, ma che continuo a portare sempre nel cuore).
Era febbraio, periodo sanremese, e in classe avevamo letto tutti i brani antologici possibili del Simposio di Platone, discutendo animatamente del significato dell'amore.
Chiesi loro di portarmi il giorno dopo una canzone o un verso che rappresentasse il senso dell'amore platonico capace di mettere le ali e poi, a turno, ciascuna/o poté far sentire il suo brano e motivare la scelta che, sinteticamente, veniva trascritta da me sulla lavagna/LIM.
Ci siamo divertiti molto. E' stato un esercizio di democrazia (saper tollerare il cattivo gusto musicale dell'altro è una competenza indispensabile, oggi più che mai!) e, soprattutto, un momento di confronto toccante e trasformativo, che ha concesso a me di farmi una cultura sulle loro "educazioni sentimentali" e scelte musicali (ho ancora la loro meravigliosa playlist su spotify) e a tutti di interrogarci su molti aspetti che normalmente, purtroppo, non vengono trattati a scuola.
Anche l'anno successivo, con la terza A dell'Umberto - che mai dimenticherò e lo dico sul serio, sono sempre meno sdolcinata, vi assicuro!-, ho ripetuto lo stesso esperimento ed abbiamo di nuovo scavato in terreni che non sempre vengono presi in considerazione in classe. Ed è stato di nuovo un emozionarci, dibattere, crescere, confrontandoci con mostri e convinzioni inconfessabili.
A questo punto, posso dire che ne ho fatto un mio personale stratagemma didattico per studiare Platone, che, quando finalmente mi sarà consentito di esercitare il mio mestiere, penso potrei adottare stabilmente. Sempre che la passione sopravviva all'invecchiamento neuronale e fisico.
La mia mania grafomane mi permette di mostrarvi ora quel documento che condivisi con le ragazze ed i ragazzi che oggi avranno 18,19 anni e spero sufficienti anticorpi per affrontare le malattie della nostra società.
A loro vanno i miei più sinceri auguri di una vita piena di amore e conoscenza.
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Amore come
riparazione di ferite
Amore che
mira all'eternità, a prescindere dalla fama, dalla bellezza e che si rinnova
ogni giorno
Amore come
libertà di espressione
Amore come
impossibilità di stare soli
Amore come
ammirazione della bellezza dell'altro
Amore come
tristezza che spezza il cuore
Amore come
casa
Amore come
via di fuga
Amore come
ricerca dell'altro...
Fin qui le vostre parole.
Cos'è
l'amore? Un bisogno? Un desiderio? Un sentimento? Un'attrazione chimica?
Da dove
nasce? Come si alimenta? A cosa serve? Cosa ci aspettiamo da esso?
Non esiste una definizione univoca dell'amore.
Dell'amore non può esserci certamente una scienza incontrovertibile (episteme)
ma soltanto esperienza. Sulla base di quella o di quelle narrate nell'arte
(miti, film, romanzi, poesie, canzoni), possiamo però formulare opinioni più o meno capaci di
approssimarsi alla preziosa e misteriosa essenza di eros.
Il compito assegnatovi di testimoniare attraverso
un verso o una strofa o un’intera canzone cosa sia per voi l’amore sta
diventando un esperimento interessante di confronto tra visioni dell’amore che,
pur essendo tutte differenti, offrono spunti utili per farsi un’idea di cosa
rimanga dell’amore platonico nel 2020.
La banalità, specie alla vigilia di San
Valentino, a cui si rischia di condannarsi parlando di amore è possibile
finisca con il riguardare anche questa ricerca. Perché essa sia pedagogicamente
rilevante, proveremo a renderla un po' più rigorosa, abbozzando una sorta di metodo
con cui procedere alla ricerca del senso dell'amore.
Il nesso principale che intendiamo indagare è il legame
dell'amore con la conoscenza, proposto come centrale nel discorso di
Diotima del Simposio platonico.
Contro gli stereotipi e l'analfabetismo
sentimentale cui sembra inesorabilmente condurre l'attuale società, è mia
profonda convinzione non vi siano antidoti migliori, infatti, che il confronto
con i grandi classici della nostra tradizione.
Perché
studiare Platone ancora oggi? Cosa può suggerirci che non sappiamo già?
Da Platone
abbiamo imparato che l'amore per l'altro ci fa elevare verso altri mondi, come
una promessa di pienezza e conciliazione, un risanamento di quella ferita
originaria che ci vuole divisi dal nostro symbolon ed in sua perpetua
ricerca.
Amore, in
fondo, abbiamo detto che è il solo modo che abbiamo per sconfiggere la morte e
per cercare di guadagnare, attraverso la generazione, un frammento di eternità.
Amore è una promessa di felicità, attenzione,
cura, protezione, ma si configura come una conquista continua che sa alternare
le sue manifestazioni, mostrando tenerezza quando occorre, fermezza quando
necessario.
Amore richiede impegno e vigilanza, non accetta
inerzia e passività. Dovremmo chiederci sempre cosa poter fare perché chi
amiamo sia felice, vicino alla pienezza, alla sua completa fioritura e se
quello che riceviamo contribuisce in effetti alla nostra crescita.
Amore è energia, desiderio che non si placa
perché cerca senza sosta di raggiungere l'assoluto, coinvolgendo ogni singolo
atomo della nostra persona.
Tante, infinite cose potremmo tentare di dire per
circoscrivere la natura positiva dell'amore nell'accezione declinata con
ineguagliabile maestria da Platone.
La ricerca resta aperta necessariamente ed i
dubbi non si sgretoleranno all'improvviso al termine di queste lezioni.
Abbiamo però guadagnato una certezza: l'amore deve fare stare bene.
Non può limitarsi a mirare al "possesso"
dell'altro, perché concepito in questi termini amare può diventare
quell'asfissiante trappola patologica che inchioda l'amato al ruolo di oggetto
di cui disporre a piacimento dell'amante.
Guardiamoci sempre dal pericolo, insito in ogni
relazione sentimentale, che l'identità di uno dei componenti sia dimenticata, o
a volte addirittura intenzionalmente dissolta, proprio per rendere sempre più
debole la vittima (a quel punto) di un amore falso e distruttivo.
L'amore può, anzi mi sia concesso dire che dovrebbe
sempre, riuscire a mettere le ali e a mantenere vivo il suo moto costante
teso al bene.
Amare non deve fossilizzare mai, ma accettare e
promuovere il cambiamento dell'amato, fare in modo che si compia, anzi, nel
segno di un progresso e mai di una regressione.
Chi ci
spinge verso il basso non vuole il nostro bene. Ci ama chi ci incoraggia alla
scoperta, alla sperimentazione di cammini sempre nuovi che ci facciano crescere
ed avvicinare al mondo degli Dei.
Platone può quindi essere ancora oggi il maestro
da cui noi tutti abbiamo moltissimo da imparare per vivere una vita mista di
razionalità, bellezza e giustizia, che non rinunci mai a cercare nell’amore una
via d'accesso alla realtà, capace di renderla visibile. L'amore vede infatti ciò che è invisibile,
spinge a guardare verso ciò che ancora non si vede, ma forse già si è visto ed
occorre perciò sforzarsi di ricordare.
Dovremmo però parlare anche dei limiti della
visione platonica.
L'identificazione dell'eros con l'atteggiamento del vero "filosofo" tradisce un sostanziale primato dell'intelletto e degli atti conoscitivi rispetto all'amore.
Al mondo greco
manca del tutto, e non può che essere così, l'idea di amore che cresce a
dismisura, privo di interesse per un "tornaconto" conoscitivo. Un
amore non dominato da un movimento di ascesi, ma che, al contrario, tende a
rompere ogni argine, somigliando ad un sacrificio insensato, dissennato, fuori
da ogni possibile legame con la ragione, che implora invece di non superare mai
il limite, cioè di non smarrire il vincolo sacro alla propria
autoconservazione.
La rivoluzionaria immagine del Dio cristiano che
muore per amore dopo aver insegnato ad "amare il prossimo tuo come te
stesso" supera quella, comunque decisamente rivoluzionaria, di Socrate,
che muore lasciando come monito il "conosci te stesso" (e fallo
possibilmente in dialogo!).
Abbiamo perciò ereditato anche un'immagine di
amore eccessivo, che rinvia allo struggimento romantico di chi ama perdendo
qualsiasi interesse e curiosità per il mondo, a volte purtroppo anche con esiti
tragici. Un amore che accentua l'altra faccia della medaglia del suo intrinseco
legame con la morte, quella più buia, tenebrosa. Un amore incurante della
sofferenza da patire, che ricorda soltanto sua madre Penia e dimentica
di essere figlio anche di Poros. Un amore, perciò, teso a rimarcare il vuoto, il nulla, l'assenza, la
ferita, senza provare lo slancio ingegnoso per colmarla. Un amore che non dà
gioia e che, tuttavia, innegabilmente affascina, quasi creasse un universo
interiore ricco di emozioni, devastanti ma intense.
Bisogna fare i conti anche con questa eredità. Un
amore non platonico certamente, ma che, pure, ha condizionato e condiziona il
nostro modo occidentale di concepire l'amore.
Per vostra fortuna, avete ancora tantissimo da
scoprire per la prima volta, con occhi ed orecchie pieni di meraviglia, intorno
all’amore e tanto altro di egualmente importante.
Mi congedo
con poche, brevi raccomandazioni.
Se sarete brave amanti e bravi amanti, se
riuscirete a mantenere viva la vostra brama di bellezza e a custodire
"l'alterità" dell'altro senza farne mai un semplice trastullo con cui
riempire le giornate, allora riuscirete ad esplorare e gustare l'esistenza in
molteplici direzioni, sempre con rispetto, entusiasmo e gioia.
Siate perciò folli d'amore, senza rinunciare mai del tutto alla ragione, che può sempre orientare e raffinare ogni tipo di amore che vi troverete a vivere.
Certamente tra l'ideale e la concretezza ci sarà non
il mare ma l'oceano, ma non smettete di mirare all'ideale... non dimenticatevi
mai di Platone!
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