John e Sam

 Inserisco qui un mio delirio in forma dialogica di tantissimi anni fa.

Nicolas Poussin, Paesaggio con Orfeo ed Euridice, 1648/1650


John: “Non si può essere scrittori”

Sam :  "Ce ne sono stati tanti”

John : “Lo scrittore è un uomo presuntuoso che esige che gli altri debbano cibarsi della sua intelligenza. Crede fortemente nel potere delle sue parole anche quando ne irride la potenza”

Sam: “ È un modo come un altro per esorcizzare la morte”

John :“No, è il modo più perfido. Guarda lo scultore”

Sam:“ Che vuoi dire? Sembri Socrate”

John: “E sia. Seguimi."

Sam: “Ho da lavorare, John”.

John: “Non chiamarmi John ti ho detto. Comunque, non devi affatto lavorare. Ho visto che sei a pagina 16 da ieri mattina”

Sam: “Appunto!”

John: “Avanti, considera lo scultore”

Sam :“Sii breve”

John: “Taglierò il superfluo”

Sam: “Come un bravo macellaio?”

John :“Questa carne è compatta, basterà poco”

Sam: “Sbrigati. Lo scultore, dicevi. Che devo osservare? La sua tèchne , le cause finali, materiali e via dicendo, immagino... No?”

John : “Già. Lo scultore plasma un materiale seguendo ciò che ha in mente. Esteriorizza la sua idea in una forma che non è fatta realmente di un registro interiore. 

Non sono frasi, punteggiatura, verbi, aggettivi che limano la sua Idea. Il suo progetto si compie nel momento in cui decide che può andar bene l’espressione del soggetto che ha stabilito di rappresentare e rivolge ad un pubblico immaginario il consenso della sua creatura”

Sam : “Niente di diverso da quello che fa un romanziere con le sue pagine”

John:  “No, è diverso”

Sam:  “Non riuscirai a convincermene"

John:  “Una parola non nasce come la pietra rara che sarà trasformata ad arte. La parola è a disposizione di tutti. Non è prevista nessuna abilità. Poi è la stessa scultura che diventa un modello per classificare come gemma o plastica o movimentata la scrittura, che quindi è la più bastarda delle figlie di mamma téchne, per dirla con i Greci”

Sam : “ Dirai penso lo stesso della pittura : immagini icastiche, paesaggismo, descrizioni fiamminghe”

John : “Esatto! L’uomo prima scolpì, incise, dipinse... e poi pensò di scrivere”

Sam : “Questo te lo concedo”

John : “E non scrisse immediatamente testi letterari, ma solo cifre e parole commerciali”

Sam : “Già. E con questo?”

John:  “È tutto all’interno della scrittura stessa che si matura il suo potere creativo, che è perciò estremamente fragile e rivolto solo alla casta degli intellettuali, mentre una bella statua puoi metterla al centro di una piazza e lasciare che si incantino della sua forma dal carpentiere al dotto professore di filosofia”

Sam : “Più democratica, già”

John:  “Ti ho convinto?”

Sam : “No. Per niente”

John : “Perché?”

Sam :  “Intanto perché anche la pietra fu usata per fare prima i coltelli e solo in seguito se ne intese la possibilità di lavorarla per qualcosa di gratuito, non immediatamente utile, scisso dal bisogno di sopravvivenza animalesco, insomma"

John : “Mmh”

Sam : “ E poi perché non hai spiegato per quale ragione dovrebbe essere proprio la scrittura ad essere la più infingarda delle attività umane, quella che più delle altre allontana per finta la paura della morte”

John: “Perché non c’è un oggetto su cui lavorare, ma solo i propri pensieri da coordinare e mettere per iscritto come più si desidera, per incantare o per educare, per persuadere o per fare davvero innamorare…ma sono solamente pensieri e dita”

Sam : “Come pensieri e dita sono le cause della Venere di Milo”

John: “Ma lavorano su un terzo elemento, che nella scrittura scompare… e siccome si scansa questa fatica, ecco che oggi diventano scrittori tutti”

Sam : “ Non mi convince affatto questo sillogismo, è del tutto illogico”

John “Perché tu sei pedante e non cogli le mie sfumature irrazionali eppure verissime”

Sam : “Perché non c’è bellezza più celestiale della poesia, caro Socrate.

 Ma tu pensi che i poeti mentano molto, no?”

John: “Penso che siano odiosi nel concepire un linguaggio differente , seducente, tornito per chi non potrà mai intenderlo con la stessa intensità”

Sam : “Dì un po’, pensi che le statue di Rodin abbiano un unico significato nelle teste di tutti?”

John: “Penso che la loro immagine rimanga nella memoria di tutti coloro che le hanno contemplate”

Sam : “…che hanno avuto la fortuna di contemplarle, vorrai dire... è elitaria anche la scultura”

John: “ Forse, ma almeno non ti costringe ad andare a cercare il pezzettino di testo o imparare a memoria parole altrui, come se non bastassero già le proprie intonazioni poetiche quotidiane. 

Non c’è bisogno di poeti, tutti possono esserlo. Mentre per essere scultori...”

Sam : “Ma perché non fai un bel corso di lavorazione della creta e la smetti con queste sterili e stupidissime classifiche censorie?”

John: “Ho il salone pieno di miei manufatti”

Sam : “Ma non li ha mai visti nessuno e cerchi adesso in me un testimone della loro nefandezza?”

John: “Spiritoso. Non sono come te”

Sam : “Cosa vuoi dire?”

John: “Non mi ostino a far leggere a chiunque i miei scritti, sbuffando allorché scopro come certe pagine non siano state comprese nel loro valore o siano state lette con un’approssimazione davvero offensiva”

Sam : “ L’arte non è di tutti”

John: “Ecco. Quindi la scrittura è una balla”

Sam : “Caro John, se cerchi un ‘universalità, la devi immaginare nella tensione ad andare oltre sé stessi, che riguarda lo scrivere, il dipingere ed il modellare allo stesso identico modo. Peccato che solamente scrivendo puoi condurre il lettore per sentieri inesplorati di una fantasia che, mentre ti segue, si fa comune…“

John: “Ah, eccoti…Siamo arrivati al paradosso che il pittore è più violento dello scrittore!”

Sam : “Certamente! Lo scrittore ti invita a seguirlo, il pittore ti getta in faccia la sua opera, la lascia alla tua interpretazione libera, ma senza nessuna coccola. Lo fa per sé, vomita i suoi colori e le sue luci ed ombre, ma senza nessuna capacità di farti andare alla radice della loro scelta. Non gli interessa, quelli sono segreti che forse confiderà al suo apprendista”

John: “Va bene, appurato il grado elevato di esoterismo dell’arte della pittura, che immagino sosterrai essere identico nella scultura, visto che a questa pecca sfugge solamente la tua scrittura, ti saluto”

Sam : “ Bene”

John: “ Continua pure, Dio”

Sam : “Mi riposerò il settimo giorno,  perciò se vuoi verrò a prendere un the nel tuo salone ben adornato da tante inquietanti figure. E ti dimostrerò che ho ragione.”

John: “Abbiamo sempre torto”

Sam : “Già Socrate. Allora a me prepara il the, a te fai una bella Cicuta. Porterò Fedone con me”

John: “L’ironia non ti salverà”

Sam : “Solo l’amore potrebbe, ma come sai non posso amare più. Ed è per questo che scrivo, non per fuggire la morte”

John : “Allora mentivi all’inizio..”

Sam : “Già..la premessa non era corretta, Socrate. Il dialogo è iniziato male”

John: “Ci vediamo domenica ”

Sam : “Ciao, buona serata”-



Un altro giorno…


John - Dici che questo mondo ha bisogno di ordine, Sam?

Sam  -Mah, direi di si

John -Dici che è giunto il momento di comporre i frammenti, far riscendere Dio qua giù, spernacchiare Nietzsche e fare della bellezza la nostra nuova Verità?

Sam -È un’operazione certamente rischiosa... ed elitaria, lo sai bene

John -Le rivoluzioni sono sempre state slavine nate da una piccola, piccolissima scossa data alla prima pietra

Sam -E saremo noi a spostarla?

John -Perché no? Non si diventa eroi per caso. Lo si sceglie.

Sam -Non so, John, non so, davvero.

John -Su. Siamo arrivati alla consapevolezza che tutte le arti sbagliano a credersi importanti perché non hanno la benché minima idea di cosa sia la bellezza che le sostiene. Sia pur indefinibile, essa io sostengo sia un fondamento metafisico indispensabile nella vita di qualunque uomo che voglia considerarsi degno della sua umanità.

Sam -La verità, mio caro John, è che ognuno ha diritto di portare avanti il suo percorso senza sentirsi giudicato inferiore a nessun altro. E tutto ciò che sperimenterà, qualunque traccia lascerà, se sarà fatta con impegno e fatica, oltre ogni possibile discriminazione dettata da ragioni naturali, sociali o politiche, non dovrà venire considerata in alcun modo più infima di un’altra.

John -Questo rende piatto l’umanità. Siamo tutti uguali, non emerge nessuno, dunque?

Sam -Lottiamo per difendere i diritti di tutti, perché dovremmo avallare il merito?

John -Alla fine è solo nel segno giuridico del “potere” che l’identico ha un qualche valore

Sam -Che vuoi dire?

John -Io non accetterò mai, Sam, di essere considerato uguale a qualcuno che non ha mai sofferto per l’inattingibilità, non ha mai ascoltato stordito Schubert e non ha mai provato emozioni inimmaginabili davanti ad Orfeo e Euridice di Poussin

Sam -Il tuo è l’ultimo vagito del borghese che pensa che si possa trovare una differenza sostanziale nell’estetica!

John -No, ti sbagli. Ti sto dicendo che è solo nell’essere che va riconosciuta la differenza. Il mio essere non somiglierà mai a quello di un rozzo individuo, che cresce in chat e brulica nelle bettole a cercare di raccattare consensi con ridicole discussioni intorno agli argomenti del giorno

Sam -Ma chi mai dovrebbe avere il compito oneroso di confrontare le vostre nature così dissimili? Perché sfidare la sua indifferenza a venire accostato alla tua cultura e a tutta la tua supponenza incrollabile di essere migliore solo perché hai coltivato piaceri civili, il che, oltre a farti sorseggiare bellezza, ti ha spero reso sensibile a scorgere il tormento della nostra mortalità? 

Se è qualcosa di tanto intrinseco in te, se sai di dovere morire, cosa conta essere duri nel sollevare delle barriere che impediscano la comunanza? Non è la morte una livella?

John -Quella morte che pensi tu è la fine delle differenze, è il crimine più totale della vita, che ha bisogno di scontri, conflitti, lotte per riconoscere il proprio che è in sé, pur nello sfondo di una certa, malvagia “universalità”. È un noto dilemma. Come può il singolo non sopperire alla massa che invoca a gran voce che siamo tutti esseri umani. Vedi, Sam, la morte azzera le distanze tra il povero ed il ricco..Ma tra il buono e il cattivo no. Altrimenti la storia umana non ha alcun senso. Non ha ragion d’essere la libertà, non c’è bisogno di prendere in considerazione alcun problema e ritenere che, qualunque cosa accada, saremo comunque salvi e beati e felici ugualmente tutti. Perché il giudizio è sempre crudele e chi lo dà non ha mai sufficienti strumenti per elaborarlo in modo adeguato. Vero è, si rinnova sempre, ma va tentato, rischiato, guai ad arrestare la criticità!
Penseresti che Berlusconi vada ricordato dai vivi di domani come Togliatti? 
Credi che Che Guevara sarebbe contento se il suo nome venisse confuso, senza precisazioni storiche, con quello di un militante fascista?
 La differenza permane… ciò che facciamo e siamo in questa vita, mai ciò che abbiamo, è quello che ci sopravvive e ci auguriamo non venga livellato.

Sam -Questo argomento ammetto che è molto convincente, John.

John -Basta pensare un po’ di più, Sam. Il problema è che oggi, qui, non vuole pensare più nessuno. 

E la conoscenza della storia pare essersi atrofizzata tra le componenti più fragili dell’uomo, abbarbicato nel presente e carico di speranze (di profitto economico) per un futuro, tornito di grattacieli e tanta abbondanza, sempre solo per una fettina molto piccola della popolazione mondiale. 

A me non importa essere ricco e già per questo motivo vengo osservato con sospetto. La ricchezza dell’anima sembra una frase fatta e sciocca. Ma io sto male nei periodi in cui essa mi par seccarsi, non voler riprendere la ricerca, accontentandosi del già visto, sentito ed immaginato o, peggio ancora, rimpiangendo fasi lontane in cui era fervida e brillante, stimolata dalla luce che vedeva anche intorno, in altri occhi, che oggi mi paiono tutti consumati dalla legge di questo tempo, imbambolati, storpiati da un visibile che ha reso l’apparenza volgare il solo mito cui portare eguale rispetto.

Sam -Tu soffri molto, John?

John -Come potrei non soffrire? Ma piuttosto che sostare in critiche affannate del mio tempo, cerco di abitare in un margine che non mi faccia arretrare dal primo dovere unico che è quello di essere implacabile con me stesso e non sapermi perdonare per le troppe ferite che ho lasciato aperte nella mia continua formazione.

Sam -Hai quindi un punto fisso, tutto sommato…

John -Un punto fisso..magari! Niente muta più voracemente della mia esistenza, ma riuscirmi a riconoscere, tra un passato che si fa sempre più confuso ed un futuro oltremodo incerto, è ciò che mi auguro di poter aver voglia sempre di realizzare nella mia vita. E la scrittura, la pittura, l’estetica dell’esistenza, non sono che modi di comprendermi sempre un po’ meglio o sempre un po’ peggio...modi comunque per non arrendermi, per non darla vinta a chi pensa che non studiare, non coltivarsi sia una scelta superiore, che scansa una fatica inutile. Sarò sempre minoranza. Lo sarei stato anche nel Settecento. Oggi ho solo più indulgenza nel non disprezzare la plebe, sono capace di accettare la sua profonda diversità dalla mia senza acredine, ma quello che non permetterò è che la vita e la morte facciano di noi un unicum indistinguibile… perché le nostre ricerche, le nostre strade, i nostri sentieri non sono stati uguali. 

Devo difendermi dall’omologazione, fino all’ultimo dei miei giorni. Questo fa l’uomo colto, sempre.

Sam -Ma l’amore, in tutto questo, che fine fa?

John -Ho sete. Andiamo a bere qualcosa e forse l’alcool mi renderà capace di risponderti.

 

Più tardi

Il lungo discorso di John semiubriaco:

…Il punto è che nella ricerca di “bellezza” potrebbe annidarsi questo istinto all’ordine, visto che già cosmesi reca in sé cosmos, l’antitesi per eccellenza del caos. La bellezza non è solo armonia, non è solamente compostezza. Se parti da questa visione non potrai mai lasciarti invadere dalla bellezza dell’età contemporanea, la riconoscerai irrimediabilmente brutta, perversa e resterai sempre ai margini di essa a contemplarla come una cosa mostruosa con cui non desideri affatto avere a che fare.

Se credi nella libertà, nella possibilità solo umana di potere fare e disfare opinioni per potere meglio sopravvivere al mondo incerto ed incomprensibile che è misteriosissimo possa talvolta essere inteso in qualche maniera, beh, se è la liberazione la chiave di volta per sentire ogni volta che nulla ci è così duro da sopportare come potevamo credere prima di incontrarlo e trasformarlo con un’operazione faticosa intellettuale e di cuore, se così è che dovrebbe essere la vita di chi non si arrende e lotta contro l’oscurità del male inteso come forma inossidabile di pregiudizio, ecco che allora ciò che ti occorrerebbe sarebbe soltanto lasciar morire la tua concezione classica della bellezza ed accogliere un punto di vista diametralmente opposto.

Finché non ti arrenderai a credere che la vita è piena di limiti, divieti, ordini e sanzioni solo perché a volerli fortemente siete tu e quelli che sono come te  desiderano a tutti i costi l’ordine, ma queste barriere non sono per alcun motivo naturali perché anzi spengono ciò che di più naturale c’è nell’uomo; se non ti arrenderai all’idea che il controllo è impossibile ed antivitale, se non smetterai di intonare canti repressivi con l’aria nostalgica e trasognata di chi lo fa perché mira ad un’Arcadia che potrebbe, dici, riportarci in una condizione meravigliosa e sanare le ferite... se saprai insomma un giorno convincerti di non avere più potere degli altri nell’organizzare rettamente la vita, sognando di farlo persino con quella altrui, e farai crollare tutta quest’ansia senza fondo che ti fa vivere ogni minuto con la sensazione appiccicosa di volere essere altrove... beh, non saprai mai scorgere pienamente il presente, non saprai mai entrare in dialogo vivo con il contemporaneo che, per sua natura, non fa che cercare di comprendere se stesso e non ha per nessuna ragione al mondo la pretesa di sottomettersi ad un unico principio che ne decreti la salvezza.

Ricordi Piersing? Bellezza romantica e bellezza classica.. ecco, dovresti avvicinarti a qualcosa del genere

Sam : Si nasce dal caos e si ritorna in esso, dunque?

John: No. Quando dici “in principio era bellezza” non è ancora stabilito se essa fosse una bellezza governata e sicura della sua solidità, o una bellezza nascosta, che esplode in maniera propulsiva al di là di ogni possibilità di intesa immediata da parte di chi si affanna a scrutarla ed abitarla un po’.

Sam : È molto complesso ciò che dici John. Non pensavo saresti mai riuscito a mettermi in difficoltà.

John: Non pensavi perché in realtà sei stato tu a crederti Socrate, accecato dal prodigio che la razionalità rappresentò per quegli uomini ai quali dobbiamo il nostro essere qui oggi, i nostri amati Greci. Ma c’era così tanto altro, così tante strade sarebbero potute essere nostre ed impedire che si disperdesse un senso vitalistico e gioioso dell’esistenza, se nella nostra formazione  non avessimo dato troppo peso a certi dialoghi platonici. Platone scorre in tutta la filosofia occidentale senza lasciare scampo a nessuno di non dover fare i conti prima o poi con lui.

Sam : Suggerisci di liberarcene, dunque?

John: No, pensa a Nietzsche. Non è la strada quella, ma un’integrazione, credo.

Sam : La questione mi è chiara.

John: Allora capisci come il solo lavoro da fare sia dentro di te. Non incolpare il mondo di non essere bello. La bellezza è morta perché ci sono occhi come i tuoi che non sanno più vederla.

Sam : Non c’è più posto per la malinconia, per lo scoramento, per la guerra contro chi non ci piace? Devo accettare ciò che è, sforzarmi di cogliere la meraviglia dove unicamente per colpa mia non riesco a capire che c’è? Così mi stai invitando a fare?

John: Non è una rigida dicotomia: tu sei quello sbagliato/ il mondo è bello e continua ad essere giusto ed ingiusto oggi come ieri. Devi cercare la relazione.

Sam : Vedi, John, è il tuo tono che non mi piace. Io di ordini non ne darò, ma non ne accetto da nessuno.

John: Bene.

Sam : No, male. Sono confusissimo, mi viene da piangere

John: È la catarsi, Sam. Non ti farà male, vedrai


Sam: Non ho voglia di piangere ora. Dimmi un po',  classico e romantico sono due visioni inconciliabili? È come dire ragione e sentimento, lo sapevano i Greci, lo sapevano di certo anche Schelling ed Hölderlin… la filosofia non unisce questi due mondi finché la sua Ragione (superato il drammatico Novecento che l’ha messa in crisi come mai prima era accaduto, per quanto fosse stato più volte tentato) non riesce a farsi BELLA.

John: Cos’è una ragione bella?

Sam: Una ragione musicale, forse. Una ragione che sa di dovere imparare ad amare volta per volta e intende creare concetti emozionali e si sforza di sostare in emozioni concettualizzabili solo a stento. Come la musica, appunto.

Una ragione che scorrazza per le vie dell’amore e trattiene pochissimo orgoglio, rinnegando Hegel nel bisogno di lasciarsi riconoscere, facendosi irretire da uno spirito oggettivo che rimane senza cuore.

Ammesso che si dia, che altra ragione dovrebbe spettare a quest’animale non stabilizzato, che eccede sé stesso e  si volge indietro in istantanee metaforiche continue, solo per intravedere un possibile nuovo orizzonte che lo accoglierà domani, ma non potrà mai, in alcuna maniera, delineare realmente lui?

John: e con questa ragione bella che pensi tu, l’uomo saprebbe meglio accostarsi agli altri?

Sam: Se Ashem tace, a noi spetterebbe parlare. Ma ormai mi piace pensare alla teoria dei vasi comunicanti anche in silenzio… la si applica solo su coloro che partono dal principio della loro mortalità certa ed il livello che viene ogni volta raggiunto è appunto quello: la finitezza consapevole… perciò vedo dei sentieri in cui noi che non cerchiamo soluzioni finali, ma sempre solamente precarie, ci incontriamo, parliamo ed intuiamo il nostro tempo, tanto quello rubato quanto quello donato al mondo, solo per liberarci da tutta l’amarezza di non sapere mai dire e capire in modo definitivo chi siamo.

John: Vorrei vedere come fai l’amore, Sam. Sempre che lo fai sul serio…

Sam: Ma perché spreco il mio tempo a parlare con te, idiota?

John: Perché gli altri ti annoiano a morte e solo io ti concedo di delirare senza venire disturbato o ucciso.

Sam sorride. E dopo pochi secondi inizia a piangere senza fermarsi più.

Forse sta piangendo ancora, in qualche angolo lontano del mondo. 

O forse no.



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