VIVERE SOTTO LE BOMBE


Solo le pido a Dios
Que la guerra no me sea indiferente



Giuseppe Scalarini, Abbasso la guerra, 1914



Quanto siamo capaci di farci carico del dolore altrui?

Riusciamo a comprenderlo?

Riusciamo a sentirlo?

O la nostra indifferenza è inesorabile? 

C'è un punto decisivo nella vita adulta che potrebbe chiamarsi ingresso nell'età del disincanto inevitabile. O della maturità compunta. O della freddezza spaurita.

Chiamiamola come ci pare, è comunque un'età estremamente pericolosa per le tristi conseguenze che porta con sé.

Una di queste è la condanna ferma di tutti quelli che ancora riescono a indignarsi, quegli scemi un po' patetici, sicuramente repressi, che soffrono per la mancata risonanza che certe questioni fondamentali sono convinti dovrebbero avere necessariamente. 

Che idioti che sono! Che fanatici! Se anziché prendersi la briga di riflettere sulla sorte altrui, si sforzassero di migliorare solamente la loro personale esistenza, il mondo sarebbe un posto migliore.

Questo è più o meno il ragionamento di tante/i mie e miei coetanei, lo posso intuire, il che crea una frattura profonda nel tessuto sociale.

Un'alzata di spalle non porterà via nessun dolore, ma se davvero non possiamo far altro che quella, non so chi ci perdonerà.

Che strazio.

È notizia di oggi che il governo italiano è pronto ad acquistare tra i 100 e i 200 tank tedeschi Leopard 2 per una spesa di oltre 4 miliardi.

Qualche giorno fa ho visto For Sama – Alla mia piccola Sama, nella versione italiana – pregevolissimo documentario del 2019 diretto dalla regista siriana ventiseienne Waad al-Kateab ed Edward Watts,  che ha ricevuto tanti premi ed importanti riconoscimenti e la cui visione costituisce un pugno nello stomaco che difficilmente si potrà dimenticare.

Sama è la piccola figlia dei protagonisti/registi siriani, giornalista lei, medico lui, che raccontano in prima linea la lotta per la sopravvivenza- cominciata nel lontano 2011 contro il regime di Bashar al-Assad- da parte di un gruppo di eroici ribelli in una Aleppo di cui non rimarrà nulla.

La bambina, ho letto da qualche parte, è "simbolo di tutti quei bambini siriani nati, cresciuti e morti sotto le bombe, nell’indifferenza del mondo.".

Tutti i documentari, le foto, i servizi d'inchiesta, i numeri e i dati che giungono all'attenzione del fortunato mondo non in guerra, del resto, non riusciranno mai a restituire quel dramma incomprensibile nella sua ferocia.


Tu la chiami guerra e non sai che cos'è, cantava Fabrizio De Andrè in Terzo Intermezzo, pezzo sublime come tutto l'album del 1968, "Tutti morimmo a stento".


Mentre noi ci preoccupiamo di formare un'opinione sofisticata che tenga conto delle possibili obiezioni da parte di intellettuali, esperti e rare teste brillanti, succederà spesso che ci si imbatta in un momento di crisi intorno alle nostre più elementari convinzioni. Una crisi semplice. Nera. Opaca. Devastante e capace di segnare tutta la nostra insignificanza e impotenza davanti a catastrofi che di umano non hanno più nulla e su cui si può probabilmente soltanto esercitare l'arte sempre più rara del silenzio.

Ma come può  questo rispetto silente distinguersi dall'indifferenza?

Sapere che l'essere umano è capace di fare cose terribili che rimangono indelebili nella memoria e non restituiranno mai più alcuna innocenza a corpi di bambini senza alcuna colpa, ma solo sfortunati nell'essere nati nel posto sbagliato (e direi che lo sbaglio non è certo topografico, ma politico), è una consapevolezza tremenda da sostenere.

L'impotenza dell'Occidente davanti a tutto questo, tuttavia, può apparire reale solo se ci si limita a condannare l'orrore, senza volere porsi domande intorno alla nostra stessa corresponsabilità

Finché mancherà il coraggio di affermare con chiarezza che tutte queste guerre sono figlie del capitalismo, della gigantesca macchina di interessi economici che governa il mondo e che finisce con l'occultare il bisogno primario di pace per tutti gli uomini e le donne e le bambine e i bambini di questo pianeta, accusando addirittura il pacifismo di essere immorale, osceno, conservatore, idiota, beh, il mondo rimarrà lo scenario di tragedie che attualmente è.

Come ci si può aggiornare sul sito guerrenelmondo.it , sono ben 70 gli Stati coinvolti nelle guerre (31 in Africa, 16 in Asia, 9 in Europa, 7 in Medio Oriente, 7 nelle Americhe) con 889 gruppi terroristi-separatisti e anarchici coinvolti. Ci sono poi 47 Regioni, Province Autonome, Dipendenze e Territori d'Oltre Mare che combattono per l'indipendenza in tutto il mondo (10 in Africa, 20 in Asia, 13 in Europa, 2 in Medio Oriente e 2 in Oceania ). Per un numero complessivo di 117 stati in cui la pace non esiste.

Gerda Taro, Davanti all'obitorio dell'ospedale di Valencia, maggio 1937

Se è solo il Dio Denaro che comanda, occorrerà mantenere in guerra chi ha risorse naturali e numerosi altri potenziali da sfruttare fino all'annientamento, proprio per consentire ai pochi liberi di vivere una vita spensierata, sia pur senza le più elementari tutele del lavoratore.

Potremo dire infatti che qui si combattono altri tipi di guerre e che ne va sempre e comunque della vita, ma non sono le armi e le bombe a toglierci speranza.

L'antimilitarismo dovrebbe essere la vocazione principale di ogni società evoluta.

E mi piacerebbe adesso illustrare filosoficamente le posizioni più avanzate riguardo il pacifismo, ma ci sono 40  gradi ed ora ho solamente voglia di andare a leggere con le mie figlie in balcone.

Vi lascio perciò con il racconto della mia lontanissima, ultima esperienza da supplente a febbraio dell'anno scorso, quando è scoppiata la guerra in Ucraina.

 Con la quarta del liceo scientifico in cui ho prestato un brevissimo servizio, abbiamo discusso delle possibili ragioni che spingevano Putin a compiere quell'invasione che condannammo insieme. 

I loro occhi erano pieni di terrore e organizzare spedizioni di generi di prima necessità e medicine per gli ucraini li teneva impegnati, certo, ma capivo volessero sapere/capire di più. 


Purtroppo la storia si capisce solo dopo, ma avere un'anima fieramente pacifista è un impegno quotidiano che ritengo vada portato avanti anche a scuola.

Così, chiesi loro di portare una canzone contro la guerra ciascuna/o il giorno successivo, che avremmo discusso e ascoltato in classe, sopportando insieme il cattivo gusto dell'altro, come esercizio di democrazia.

Il risultato è una bellissima playlist su spotify  dal titolo "Canzoni contro la guerra" che riascolto spesso.

Inserii poi strofe dei brani da loro scelti in un documento che caricai su classroom, certa che non lo avrebbero mai letto. Tanto vale che lo riporti qui per i miei 4/5 fedeli lettori.





“Look at your young men fighting

 Look at your women crying

 Look at your young men dying

 The way they’ve always done before

Look at the hate we’re breeding

 Look at the fear we’re feeding

 Look at the lives we’re leading

 The way we’ve always done before”

   

“Enola Gay, it shouldn’t ever have to end this way”

 

“Perché la nostra vita non è un punto di vista

E non esiste bomba pacifista”

 

“E mentre marciavi con l'anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore”

 

“And I don’t need your civil war

 It feeds the rich while it buries the poor

 Your power hungry sellin’ soldiers

 In a human grocery store

 Ain’t that fresh

 I don’t need your civil war”

Come recita l’articolo 11 della nostra Costituzione, L'Italia ripudia la guerra.

 

“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Nelle nostre rapide, troppo rapide considerazioni sull’argomento, siamo partiti dal Bellum omnium contra omnes di Hobbes, che ha evidenziato lo stato di aggressività ferina che riguarda l’umanità nello stadio prepolitico, ma che, lungi dal trovare fine con il “contratto” stipulato con il Sovrano (come sperava Hobbes) purtroppo può tornare ad esplodere e stravolgere ogni equilibrio, frantumando l’ideale kantiano di “pace perpetua” di cui parlerete tra poche settimane.

 La pace non è scontata, ha ricordato il presidente del Consiglio Mario Draghi pochi giorni fa.

Siamo caduti però dalle nuvole perché siamo stati concentrati nel nostro microcosmo europeo, dove il rimanere a casa per evitare il contagio a tanti sembrava già un'insostenibile trincea.  La guerra, le guerre, però, erano in corso già in molte parti del mondo, ma il terrore di poterne fare parte ci ha improvvisamente aperto gli  occhi.

 Come si ferma la guerra? E perché si combatte?

Le guerre raramente risolvono i problemi che le hanno provocate. Hanno talvolta qualche effetto imprevisto di arricchimento (di pochi) che mira a convincere della loro positività ed inevitabilità, finendo con l’apparire una strada praticabile forse solamente a coloro che non hanno sufficienti strumenti per contrastare la retorica patriottica e nazionalistica su cui sarebbe bene sempre vigilare.

La condanna della guerra è giuridica, ideologica, filosofica, etica, ma anche estetica.

Come diceva Oscar Wilde, “finché la guerra sarà considerata una cosa malvagia, conserverà il suo fascino. Quando sarà considerata volgare, cesserà di essere popolare”.

La condanna ferma delle guerre dev'essere globale e permanente.

Se si radica dentro ciascuno di noi un fiero e ferreo pacifismo, che non ammette deroghe ad eccezione esclusiva della lotta agli armamenti e per la cessazione di ogni conflitto, abbiamo speranze che non regaleremo al mondo nuove occasioni di barbarie.

Abbiamo la coscienza morale e la ragionevolezza. Evitiamo inutili stragi e smascheriamo le falsità dei signori della guerra che vogliono un mondo grigio.

 L'umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all'umanità

(Kennedy, 25 settembre 1961)

 


 

 


“Generale, queste cinque stelle
'Ste cinque lacrime sulla mia pelle
Che senso hanno dentro al rumore di questo treno?
Che è mezzo vuoto e mezzo pieno”

 

 

 

“Yes, and how many times must a man look up
Before he can see the sky?
And how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, and how many deaths will it take 'til he knows
That too many people have died?”

 

Stanno già morendo, uh mammà!
"Muoiono i liberatori per poterci liberà"
Ma mamma sparano su di noi, uh mammà!
"Lo so figlio mio ma lo fanno per necessità"

 

“There is no monopoly on common sense

On either side of the political fence

We share the same biology, regardless of ideology”


“La guerra è dappertutto, Marcondiro'ndera
La terra è tutta un lutto, chi la consolerà?

Ci penseranno gli uomini, le bestie, I fiori
I boschi e le stagioni con I mille colori”

 

 

“ War is over if you want it”


Commenti