Trionfo della Morte, Ignoto, Metà sec. XIV. Affresco staccato, cm. 600 x 642. Provenienza: Palermo, Palazzo Sclafani. Palermo, Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis |
Le mie figlie, capricciose e viziate come la maggior
parte delle bambine occidentali, ieri sera sono state duramente rimproverate dopo una
giornata/periodo di inizio estate in cui hanno avuto e hanno veramente tutto il
meglio che si possa desiderare:
dormite senza sveglia, continua
presenza di affetti familiari vicino, amicizie bellissime frequentate con maggiore
intensità, gite e visite ad amici carissimi, mare tutti i giorni, bagni di
umanità sull’autobus e considerazioni spicciole sociologiche annesse, pedalò,
giochi in compagnia, letture interessanti, visioni di film con mamma e pop
corn, acquisto di vestiti e scarpe nuove, gelati, salsa fresca, pollanche,
anguria, baci, coccole e chi più ne ha e più ne metta.
Ai capricci serali di “non facciamo
mai niente” e frignate varie, sono esplosa in malo modo.
E all’improvviso, ci siamo ritrovate
a discutere della morte, del perché debba accadere per forza, del fatto che
solamente l’essere umano sappia di dovere morire e piangevano entrambe senza
riuscire a fermarsi, malgrado le mie rassicurazioni sul fatto che, quando
accadrà, sarò solo dall’altra parte.
“Ma come ti vedremo?”
“Con l’occhio della mente”
“Ma come ti abbracceremo?”
“Per questo dobbiamo farlo adesso e
smetterla di pensare a cretinate ed essere grati ogni giorno che viviamo
insieme sulla terra!” ho tentato di rispondere con il mio fare molesto da
maestrina.
Non le ho convinte molto, me le sono
spupazzate e basta.
Spero di potermi godere le mie gioie
il più a lungo possibile e soprattutto lasciarle quando saranno
sufficientemente preparate ad affrontare questa vita così piena di insidie
sottili e macroscopiche, e che è lotta permanente per rimanere lucidi, liberi e
ancora in grado di sognare.
Ma la morte non si deve nascondere.
Siamo esseri finiti e condannati a lasciare in un momento imprecisato di ineffabile grazia
o di profonda abiezione tutto ciò che siamo e abbiamo in questo passaggio
terrestre.
Verso dove andremo, nessuno potrà
dirlo.
Che possa accadere quando faccia
meno male ai nostri cari è ciò che ci auguriamo tutte/i.
Tuttavia, per quanto questo
tentativo di Negazione sia fisiologico, rimuovere la consapevolezza della morte
non lo considero utile né umano.
Qualunque civiltà si è sempre premurata di mantenere
in vita i suoi avi, anche la nostra occidentale si è fondata in larga parte sul
culto degli antenati.
Se il culto e l’idolatria oggi, però, vengono
rivolti unicamente a orpelli e oggetti tecnologici- come per riempire un vuoto
esistenziale che avrebbe bisogno di un impegno a fare i conti con questa tragica sorte dell’essere
umano, che si preferisce ignorare ritenendosi immortali- verrà smarrito qualcosa di essenziale che ha inciso profondamente la
nostra sensibilità e reso il nostro sguardo capace di scrutare nell’altrove certe magie preziose che non si troveranno mai in nessun video su tik tok.
Tra un pessimismo tetro e paralizzante ed un irritante ottimismo farneticante, mi sembra che abbia prevalso complessivamente il secondo.
Ma esistono vie di mezzo che credo sia meglio tentare di percorrere con coraggio e, al tempo stesso, senza grandi illusioni, imparando ad abitare la propria finitezza e, a partire da questa, riconfigurare una nuova comunità.
Mortale, finita, piena di limiti e dubbi, non sedotta e irretita per sempre nelle trame dell'etica edonista, narcisista e consumista, ma una comunità critica e combattiva, paga delle conquiste faticosamente ottenute e attenta a non perdere di vista le piccole cose e i doni incommensurabili che la vita regala e di cui prendersi cura è irrinunciabile e sacro.
Questa, almeno, è la speranza che mi fa andare avanti e consente di ritrovare lo slancio per annoiarvi ancora un po'!
Ad maiora
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