Ricordi fb di ricordi di fb


Vasilij Vasil'evič Kandinskij 


Nota "Risvegliamoci, generazione Q!" pubblicata su fb il 14 giugno 2009:

 Ripubblico una nota scritta martedì 10 febbraio 2009, condivisa allora solo con tre amici.

Era il tempo del caso Englaro. Quante sconcezze si siano affastellate da allora non conta qui elencarle. Il mio atteggiamento era, come adesso, altalenante. Quella che posto era più, probabilmente, una riflessione sullo scopo della filosofia che, notoriamente, non vuole averne. Vive di aporie, cercando la sua legittimazione di continuo. Ma io restavo convinta dovesse recuperare lo sguardo sull'intero per partecipare, non per creare concetti nella cerchia accademica, nella quale ormai mi trovo anch'io, pur essendo troppo ignorante ed incostante per farmi "Studiosa"..
.
Un po', quindi, soffocavo il grido di dolore, certa di non poter avere strumenti per fronteggiarlo, un po' tentavo di esortare all'unirci nello scandalo, inveendo con radicalità come è nostro preciso diritto e dovere fare, davanti a ciò che non può considerarsi minimamente accettabile in una democrazia (vedi, per dirne una, le ronde nere..).

Beh. Ormai so che facebook si presta poco a fare "politica". Ed io, che mi suicido virtualmente per poi tornare dopo nemmeno un giorno a scrivere cazzate, sono la meno idonea a venir considerata affidabile e seria. Ho un mucchio di lavoro che mi spetta, dovrei risolvere milioni di microdrammi personali... e poi è estate! Let the sunshine in...

Tuttavia, senza volere offendere nessuno, che sia sveglio, dormiente o in coma, metto di nuovo in circolo questa nota, solo per partecipare a distanza, partendo dal presupposto di essere incazzata, scettica e scoraggiata quanto la maggior parte di voi.

Mi insegnate, per favore, il giusto modo di esprimere lo sdegno, non riducendolo ad un sospiro, ma trasformandolo effettivamente in un'azione che impedisca a certi provvedimenti di venir attuati?
Qual è il nostro potere?
Assistere e commentare?
Denunciare? Scioperare? Fuggire? Se le nostre mani sono legate, che dobbiamo fare?

Classiche domande, sempre senza risposta. Ognuno faccia il suo dovere ed impari ad accettare di non avere possibilità d'intervento, pur essendo consapevole di ciò che non va...forse così dovrei pensare, e sempre più spesso-lo confesso- oggi penso, mentre sento i Bandabardò cantare "Resto nudo e manifesto - Faccio un gesto e manifesto..."..

Vi vedo senza indumenti sollevare il terzo dito contro di me... ragione avete...perdonatemi, buona domenica;)

--

" La socializzazione di massa comincia nella casa ed arresta lo sviluppo della consapevolezza e della coscienza. Per giungere all’autonomia si richiedono condizioni in cui le dimensioni represse dell’esperienza possano tornare di nuovo alla vita; la loro liberazione richiede la repressione delle soddisfazioni e dei bisogni eteronomi che organizzano la vita in questa società. Quanto più essi son diventati le soddisfazioni ed i bisogni propri dell’individuo, tanto più la loro repressione apparirebbe come una privazione davvero fatale. Ma proprio in virtù di tale carattere fatale essa può produrre il requisito soggettivo primario per un mutamento qualitativo, vale a dire la ridefinizione dei bisogni."

Questo era Marcuse nel celebre "l'uomo a una dimensione", del 1964.

Perché non ridefiniamo i nostri bisogni, a cominciare da quello politico?
Divisione dei poteri, diritti delle minoranze, laicità... chi ha il dovere di difendere ciò che va diventando sempre più astratto, e di lavorare perché non venga strumentalizzato mai più, ad esempio, un dolore su cui nessuno avrebbe avuto diritto di pronunciarsi, arrivando indecentemente a dare ad un padre distrutto del boia?
Non ci sono più nemmeno "comunisti" in Parlamento, per la felicità di tutti coloro che li hanno considerati brunelli ed anacronistici.

Esiste la partecipazione nel proprio piccolo ad un graduale progresso della società, certo.
Ed esiste il volontariato, esiste addio pizzo, esiste emergency, esistono circoli culturali... E l'arte, la musica, il sesso, tutto ciò che libera, fa sognare, regala immaginazione e possibilità di evadere dalla rigidità di gerarchie dominanti-dominati su cui si fonda la nostra società.

Ma la filosofia, che prepari a cambiare se non il mondo, almeno la traiettoria del proprio Paese (ho difficoltà a scriverlo maiuscolo...a riferirmi a qualcosa come un paese...ma facciamo finta che..), beh, dove cazzo è?

Satura di parole, assimilate irreversibilmente alla retorica concepita nella sua accezione becera, la filosofia degli ultimi decenni stenta a riprendere lo slancio politico che necessariamente le appartiene. Ed affonda in un seducente laghetto etico, com'era inevitabile succedesse ad un pensiero occidentale, dimenticatosi dell'impossibilità di far procedere teoria e prassi distanti.

La politica, però, non viene che rimpianta, perché noi possiamo solo pensare e criticare, perché non ci sono poteri buoni e i filosofi non devono essere legislatori, è inutile...è sempre stata un'utopia insulsa, e forse la lettera Settima platonica si è insinuata a fondo nella coscienza filosofica contemporanea, rammentandole l'impossibilità di uscire dal dialogo filosofico tra pochi, dal momento che il fallimento di ogni tentativo di far sorgere giustizia è inevitabile.
Wow. Ci ho creduto di nuovo anch'io, che adesso tento di trovare una voce politica in quel cruccaccio platonico per perdonarmi di averlo massacrato nella tesi di laurea.

Ma non riesco a rifugiarmi nei miei studi e rendere invisibile il presente.
Perché pensare, sforzarsi di pensare, se non per agire e agire bene, in nome dei deboli, delle ingiustizie, anche personali?

Bene. Abbiamo la possibilità di maturare milioni di interpretazioni, affilarle, crearci strumenti impressionanti ma non riusciamo a mantenere aggrappata allo scandalo la nostra coscienza.


Il disincanto è peggiore dell'indifferenza e ci fa andare avanti come dead men walking, senza speranza alcuna di cambiare le cose che, pure, abbiamo scorto nella loro inaudita inaccettabilità.
Prigionieri. A soli vent'anni. Risucchiati gli ideali, lasciati solo nelle nostre conversazioni filosofiche, possibilmente ubriachi, possibilmente per stordirci o estetizzare il nostro tedio esistenziale.

Non è colpa della società capitalistica, non è colpa dei nostri genitori.
Non è colpa nostra.
Non è la consapevolezza della colpevolezza, in ogni caso, che può far cambiare le cose, perché irrigidisce in sindromi da Cassandra e toni allarmistici apocalittici quello che può ancora accadere se ci si impegna a risvegliare le menti e costringerle a misurarsi con lo spazio politico, nostro perché sudato disperatamente, da tutti coloro che hanno combattuto anche morendo, che non sono gli american boy, ma i nostri partigiani.

Ok. Non ho soluzioni da proporre, naturalmente, per arginare lo sfacelo del berlusconismo.

Come da anni ho sempre sperato di fare, ciò che vorrei è creare dei momenti di condivisione in cui si sfondino barriere del silenzio, non ci si rimproveri troppo per le proprie condotte che smentiscono le convinzioni elaborate, ma si punti a visualizzare ciò che solo insieme può essere faticosamente modificato.
Se non basta la facoltà, potrei organizzare cene filosofico-politiche-artistiche, in cui, tra un film di Pasolini, una battuta di Guzzanti ed una citazione di Deleuze, le nostre visioni restino differenti, certo, ma decise a non sentirci lontano dal palco, esclusi in partenza.

Il sipario calerà su quello psiconano molto presto ( oggi, giorno di lutto nazionale, posso dire di avere esagerato con l'ottimismo, ndR) , mentre a recitare ci saranno sempre le amebe, da compatire il più delle volte, perché non capaci di insistere, interrogare il presente, preferendo uniformarsi ad un pensiero comune che salvi dall'estenuante ricerca di autenticità, non di verità...Ma ci saremo anche noi. (Sui giovani d'oggi NON ci scatarro su...)

A tutti i tafani, ancora incazzati e volenterosi, domando quindi se abbiano voglia di esportare fuori dall'accademia le loro belle teste, i loro sogni e la loro ironia, e cominciare per esempio a coinvolgere per strada i cittadini palermitani, senza chiamare in causa Grillo, ma solo la necessità di tutelare una democrazia che forse è giusto dire non sia mai esistita, in ogni caso da tempo riceve ferite vergognose e, recentemente, davvero mortificanti, cui non possiamo permetterci di assistere credendo di non essere coinvolti.

Studiamo, informiamoci, ma poi incontriamoci. Lo dico come un'alienata che è stata recentemente in fuga dalla critica frenetica, perché responsabile di scelte private che le hanno mostrato l'inattuabilità della dialettica tra punti di vista estremamente diversi e fatto crescere la nausea per quel bisogno di partecipazione che avevo lasciato crescesse voracemente in me un bel po' di tempo fa.

Ho bisogno di voi, filosofi e non filosofi... Avete ognuno i propri problemi e questioni a cui pensare, ci sono milioni di ragioni per cui non possiamo più aggredire ma preferiamo subire ciò che si verifica intorno.
Lo so. Come so di apparire un grillo parlante detestabile, che verrebbe voglia di strozzare all'istante. Lo so bene.
Pensateci, vi chiedo solo questo.

Impeditemi di ritornare moralista, facendomi credere di nuovo nel potere della condivisione oltre facebook e rapidi farfugliamenti verbali..
Buona giornata a tutti,
gadameriana, che appena finisce di scrivere note come questa, non sa se pubblicarle davvero e sbuffa insoddisfatta..
----

e forse avrei fatto bene a non riciclarla nemmeno adesso...//
Deal or not deal, Mark Konstabi



E probabilmente ho sbagliato anche oggi, 14.6.2023, ma è pur sempre il mio blog, chi mi dovrebbe leggere, su😁

Commenti