DONNE CHE PENSANO TROPPO ...

 
Dalla quarta di copertina:

"Il mio cervello non si ferma mai." Quante volte lo abbiamo detto o sentito dire?

Molte donne conoscono fin troppo bene la sensazione di sentirsi soffocare da pensieri, emozioni, preoccupazioni che si accavallano fuori controllo.
Che cosa sto facendo della mia vita?
Cosa pensano gli altri di me?
Sarò abbastanza in gamba?
Il mio compagno è ancora interessato a me?
Perché mio figlio mi risponde male?
Perché mi sento così frustrata e ansiosa?

Pensare troppo - ruminazione è il termine corretto- è in effetti prevalentemente una tendenza femminile. Un'abitudine, o meglio una trappola, che come sappiamo non contribuisce a risolvere i problemi, anzi tiene la mente avviluppata in un circolo vizioso. Con conseguenze deleterie sull'umore, l'energia vitale, i rapporti interpersonali e persino la salute.
Grazie a questo chiaro ed efficace metodo, che ha già aiutato milioni di donne a ritrovare la serenità della mente, dare un taglio ai pensieri negativi è possibile.
In tre illuminanti step impareremo a mettere in pausa il cervello, per riprendere in mano la nostra vita. Più rilassate e cariche di energie positive, azzereremo gradualmente stress e ansia e miglioreremo le relazioni con il partner, i figli, gli amici, i colleghi. Per sperimentare finalmente la libertà e la felicità di una mente serena."


Definito dal Washington Post "il libro cult che ha aiutato milioni di donne a liberarsi dalle trappole della mente e a riprendersi la vita", l'opera di Susan Nolen- Hoeksema, docente di psicologia alla Yale University, mi sembra un ennesimo tentativo- americano, troppo americano- di rimuovere il dolore e sostenere il culto della salute e produttività ad ogni costo.

Fermo restando che ognuno ha i suoi gusti personali e che non voglio suggerire a nessuno cosa leggere e cosa evitare, mi sembra che questo libro sia già un best seller che non necessita promozione alcuna.

Se dovesse mai improvvisamente interessarmi il marketing, troverei comunque più onesto incoraggiare l'acquisto di qualche perla più nascosta e meno asservita alla logica del capitale (quando non sua timida denigratrice). E non è questo il caso. 

Nelle sue trecento e rotti pagine, scritte in maniera chiara e scorrevole, attingendo all'ampio corpo di ricerche condotte negli anni e ispirate prevalentemente alla terapia cognitivo- comportamentale che è una delle psicoterapie più usate ed efficaci per l'ansia e la depressione, l'autrice vuole salvaguardare dai pericoli della ruminazione

E ci riesce. Riesce infatti a far sentire fuori posto tutte/i quelle/i che hanno questa tendenza a lasciare la mente libera di vagare anche a rebòurs,  quel rimuginare che, per la Nolen- Hoeksema, finirebbe con intrappolare le donne in una prigione di aspetti negativi funesta, che nega lo slancio necessario per cambiare prospettiva e spezzare le catene della tristezza paralizzante. 

Il libro si divide in tre parti: 1) Un'epidemia di ruminazione; 2) Strategie per sconfiggere la ruminazione; 3) Cosa innesca la ruminazione.


Cosa voglia dire ruminare viene spiegato nella prima parte, che è anche quella che ho trovato più interessante. Intanto perché è qui che l'autrice analizza i motivi per i quali la generazione attuale è  più incline alla ruminazione rispetto alle altre e perché proprio le donne abbiano una fragilità specifica che le porta a ruminare di più:

C'è una differenza sorprendente tra la salute mentale maschile e quella femminile, poiché le donne hanno il doppio delle probabilità di sviluppare disturbi depressivi, sia lievi che gravi.

E aggiunge: "non c'è un'unica ragione per cui le donne sono più propense degli uomini a sviluppare questo tipo di disturbi. Infatti ce ne sono fin troppe, dovute a fattori diversi: biologici, sociali e psicologici.", pag. 35.

E, poi, è sempre qui che viene chiarita la differenza tra ruminazione e pensiero profondo.
 
Come dice l'autrice "i ruminatori cronici pensano alle questioni importanti: il significato della vita, il loro valore come individui, il futuro delle loro relazioni. Ma la qualità dei loro pensieri viene così alterata dallo stato d'animo negativo che si arriva a una visione tremendamente distorta della realtà.
Per contro, quando impariamo a riconoscere la ruminazione, e sviluppiamo strategie per andare oltre, la nostra mente può essere libera di analizzare le cose importanti in modi più concreti ed efficaci", pag.24.

Lo schema proposto dalla Nolen-Hoeksema per interrompere la ruminazione è semplice: 

  • sfuggire alla presa del rimuginare continuo; 
  • guadagnare un piano più elevato;
  • evitare trappole future.

La ruminazione è, infatti, quel pensiero che non si trasforma in azione e che "fa guardare le cose attraverso la lente deformante degli stati d'animo negativi", conducendo chi non riesce a liberarsi da questa intrusione sgradita di pensieri, in spirali asfissianti e senza sbocco apparente.

 Ma nella seconda e nella terza parte, la Nolen- Hoeksema riporta tanti esempi di donne che sono riuscite a dominare questa tendenza ruminante e superare la conseguente stagnazione. E ce l'hanno fatta ricorrendo a semplici strategie che l'autrice inserisce in uno schema che non ripropongo perché non voglio guastarvi del tutto il piacere eventuale della scoperta.

 Buone notizie, quindi. La ruminazione si può sconfiggere!

E infatti la sua opera si conclude con un invito pragmatista e ottimista che qui riporto:

Ci sono molti percorsi che portano al rimuginare, ma anche molti che ci permettono di uscirne.
Possiamo superare la tendenza a rimanere bloccate nella ruminazione e costruirci una vita soddisfacente e di successo. E diventare anche migliori come individui e come società.

Un invito, insomma, ad adattarsi a questa mostruosa incivile civiltà che demonizza ogni caduta, perché ciò che conta prima di tutto per essere ben inseriti in società è rimettersi in piedi e non vittimizzarsi perdurando in un atteggiamento inaccettabile, foriero di passività anticapitalista.


Chiariamo subito, infatti, un aspetto: pensare troppo rispetto a cosa?

 In quale scala di riferimento dobbiamo collocare i pensieri umani? 
 Sono davvero qualcosa di tangibile, quantificabile, misurabile? 
E se sì, questo non significa sostenere, in fin dei conti, una MERCIFICAZIONE DEL PENSIERO, quasi come se esso fosse un oggetto da conteggiare, monetizzare, che può diventare pericoloso nel suo dilungarsi oltre le soglie del controllo del padrone?

Come ci si forma liberamente contro il patriarcato silente, eppure ancora attivo, e contro la demenza collettiva (foraggiata assai probabilmente dall'abuso di tecnologia, scissa da una critica filosofica-etica efficace), se viene osteggiata la possibilità di lasciar muovere questo invisibile magma fragoroso che abbiamo dentro, senza negargli di percorrere certe strade, considerate preventivamente asfittiche e dannose?
Dannose precisamente per chi?

La festa capitalista non deve interrompersi mai. Guai a porgersi con atteggiamenti musoni che potrebbero risultare intoppi nella catena di montaggio o del potere!

E sempre allegri bisogna stare
Che il nostro piangere fa male al re
Fa male al ricco e al cardinale
Diventan tristi se noi piangiam



Produrre, consumare, sorridere e nulla dimandare.

 



 Un libro inquadrato, in definitiva, nella logica neoliberista e che, pur dimostrando empatia per le sofferenze e i calvari attraversati dagli esseri umani, uomini e donne (ma soprattutto donne, perché sono loro il pubblico a cui la Nolen-Hoeksema si rivolge, come già può intendersi dal titolo), preferisce fornire soluzioni  piuttosto elementari e rapide,  anziché sollevare domande insidiose sui motivi della ruminazione, ad esempio, che potrebbero frastornare ancora di più la sovraffollata mente femminile. 

La mia non è una stroncatura, attenzione. Non sono una critica letteraria, né ho studiato psicologia.

Di interessante, bisogna poi ammetterlo, nelle sue pagine c'è moltissimo, ma rimane questa ferita al cuore della libertà: 

anche pensare ruminando, in modo antiproduttivo e in maniera talvolta tetra, oscura e poco remunerativa, fa parte della natura umana!

 E ritenere possibile che seguire qualche trucchetto possa eliminare questa dimensione, vissuta come pericolo estremo, mi sembra a dir poco ingenuo, per non dire offensivo, per tutte quelle donne che sprofondano in misteriose vallate di pensieri improduttivi, esplorando i loro vuoti, i loro buchi, senza rimuovere proprio nessun granello del dolore ( o anche dell'indecifrato ancora da chiarire) che abita nei loro ricordi e nelle loro visioni attuali. 

Alcune cercano di scrutarlo a fondo e trarre qualche lezione sulla loro essenza, magari, seguendo labirinti molto difficili da raccontare. O forse no, forse addirittura alcune provano piacere nel sostare in certi momenti del passato ormai perduto, chi può dirlo?
 E a chi, precisamente, dovrebbe dare fastidio quest'attività investigativa così passiva

Per quale ragione dovremmo negare ogni empatia verso chi si vuole volgere indietro e sforzarsi di cercare segni, simboli, avvertimenti ignorati nei periodi ormai tramontati, per provare a capire un poco meglio sé stessa/o e anche le altre e gli altri?


Sarà che più che pensare troppo, secondo me non si pensa mai abbastanza, ma proprio non riesco ad accettare questo invito ostinato ad evitare il pericolo dell'overdose di pensiero. 

Pensare è un'avventura magnifica. E libera. Anche e soprattutto dal condizionamento di venire percepiti come fastidiosi da tutti coloro che preferirebbero non doversi mai imbattere in teste popolate da ragionamenti e fantasie poco popolari e à la page.

Timidamente, ma con convinzione che riemerge ogni volta che tento di demolirla, penso che il tempo per perdersi nella malinconia e tentare di riavvicinarsi ai pezzi che crediamo di avere perduto per sempre non sia mai una sterile ruminazione da buttare via.

Se lo scopo dell'esistenza dev'essere mantenersi sempre sorridenti, con lo smalto steso bene ogni mattina e che brilla sempre più di ogni stentato ragionare, allora ruminare è certamente un male atroce da evitare a tutti i costi. 
Potrebbe fare venire più rughe e risultare molto poco cool.

Ma forse lo scopo è un altro. Forse non ce n'è alcuno. 
In ogni caso, ciò che più temo è l'assenza di pensiero, non un suo eccesso. 
  
Dunque, che dire? Lo suggerisco o no? E, poi, perché dovrei prendermi questa responsabilità di indicare cosa leggere a delle/dei potenziali perfette/i sconosciute/i?

Se vi incuriosisce, lasciatevelo magari prestare da qualche donna che già lo ha acquistato. 

Senza rimuginarci troppo, s'intende!

Io l'ho comprato ritenendo importante interrogarmi a fondo - sebbene non sia di certo una novità in quarant'anni di vita- sulla mia natura cervellotica, che so bene di dover modellare continuamente per farmi meno pesante. 

Tuttavia, rivendico il diritto a non rinnegarla del tutto. 

Difendo la categoria delle ruminanti, insomma!

Muuuu!😛








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